recensione diMauro Fratta
La morte della bellezza
E quella di Lilandt ed Eugenio è una storia bellissima, piena di ardore dionisiaco, di rapimenti estatici, di durezze e di tenerezze infinite: è l'eros virile in tutte le sue declinazioni, con quel dolce e quell'amaro che già vi descrissero con la loro consueta felicità icastica i poeti greci quando dipingevano il dio Amore ora come ragazzo spensierato che gioca a palla e a dadi, ora come nume terribile o dispettoso che gode ad aprire ferite nel corpo degli amanti. La loro storia nasce nel tempo di guerra, tempo di sospensione delle leggi e di morte incombente: quando la fine di tutto è in agguato ad ogni istante, la volgarità dei piccoli uomini e delle donnicciole sciocche, la moraluccia d'una società ipocrita, meschina, tutta dedita alle pessime cose di pessimo gusto, pur non rimanendo sconfitte restano quasi attonite, disarmate: e in quella Napoli spettrale, densa di terrori e macerie, coi verzieri lussureggianti di rose sfatte che dormono fra i vecchi palazzi slabbrati, dove le stanze torride d'estate o fresche d'ombra invitano all'oblio lontano dalle brutture del mondo, l'amore più violento può avvampare finalmente libero, con l'energia, la sfrenatezza e la levità della danza d'una menade.
Il linguaggio è lussureggiante d'immagini, e anche i dialoghi rifuggono da ogni mimetismo del parlato quotidiano: l'amore è esaltazione dei sensi e dell'animo, è vissuto in un mondo che trascende le miserie degli uomini comuni, sicché nemmeno può servirsi del loro idioma volgare; anche gli atti sessuali sono descritti con passaggi di perifrasi peraltro non solo trasparenti pur nella ricerca dell'anamorfosi e della torsione, ma anche capaci di moltiplicare l'afflato erotico a guisa di gallerie di specchi. Molte metafore s'ispirano al mare e alle sue creature, alla natura rigogliosa di forme, a colori luminosi e pieni di vita: quel mare, quel cielo che, prima della bruttura edilizia recente, allargavano e rendevano leggero il cuore anche all'ultimo dei lazzari di Napoli, e lo facevano sentire un re. Il barocchismo stilistico di Patroni Griffi è sbrigliato e perdutamente noncurante di ritegni moralistici (ché esiste anche un moralismo estetico), proprio come l'ardore dei suoi eroi. E questo legame orgoglioso rimane invincibile, totalizzante, anche nell'ora dell'oscurità, di una separazione di cui s'ignora la durata; una separazione che forse sarà per sempre. Ma quest'amore orgoglioso, bellissimo e folle sarà eterno: a dispetto del mondo e della sorte.