recensione diMauro Giori
Törless 2008
Quattro ragazzetti di un college esclusivo stringono un patto di complicità che li porta a scegliere una vittima e a seviziarla in modi sempre più pesanti. Ricorda niente? All’osso, Teenage Angst non è altro che un Törless svuotato di senso: l’Angst di Musil era quella di tutta un’epoca storica, mentre quella di questi quattro ragazzetti non è altro che compiacimento nel coltivare qualche vizietto di nascosto dal preside della scuola. Se poi i giovani in questione si credono superiori a tutti è solo perché hanno una catapecchia in un bosco a loro disposizione e sono evidentemente annoiati a morte da se stessi (e lo spettatore non ha motivo di non dare loro ragione per questo).
Il fatto è che, togliendo dal Törless le lunghe e graduali meditazioni del protagonista, rimane solamente un giochino sadomaso, dal quale peraltro i due aguzzini apparentemente privi di remore si ritraggono impauriti quando credono di aver ucciso la loro vittima, salvo perseverare incoerentemente nella sequenza successiva. Allo stesso modo, la carenza di motivazioni sostanziali circa le ragioni per cui Leibnitz sottostà alle sevizie finisce col farne più un semplice masochista gaudente che una vittima di ideologie aberranti.
Di fronte a tale mancanza di ragioni e di ragionevolezza, i dubbi del protagonista possono essere spiegati più con un’attrazione nei confronti del ragazzetto disponibile che con sue resistenze morali. E quindi come una forma di gelosia rispetto ai due sadici, i quali possono disporre a piacimento del corpo di Leibnitz che lui invece può solo spiare e scrutare da dietro una porta. Più che salvarlo dalle torture, si direbbe insomma che lo desideri tutto per sé.
Del resto il regista gioca per tutto il film con il voyeurismo nei confronti dei corpi dei quattro, accennando a più riprese sfumature omoerotiche tanto nel legame dei ragazzi fra di loro quanto nei rapporti con Leibnitz. Ma senza voler mai dire nulla di esplicito, al punto che era più diretto persino Musil. Perché tutto ciò era già nel Törless, con la differenza che vi era anche molto altro.
Il finale, con Leibnitz che ammazza il preside aprendo la porta del cesso sulla sua testa, non sembra temere il ridicolo, ma non rovina nulla, ché non v’era davvero nulla da rovinare.