recensione diMauro Giori
Festa per il funerale del caro amico Lorenzo
Il masochismo esiste e dobbiamo farcene una ragione. Non parlo né delle variazioni di largo consumo alla posizione del missionario né di coloro per i quali Hostel rappresenta la quintessenza del porno. Parlo della versione intellettuale del masochismo, una versione che non è sfuggita alla penna di Borges. Il suo Pierre Menard mi sembra infatti rappresentarlo bene: quando decide di dedicare la sua vita di poeta a riscrivere parola per parola, identico, il Don Chisciotte, scarta «il metodo relativamente semplice. Imparare bene lo spagnolo, recuperare la fede cattolica, guerreggiare contro i mori o contro il turco, dimenticare la storia d’Europa tra il 1602 e il 1918, essere Miguel de Cervantes». L’ironia è ovvia: il metodo in questione è già di per sé inarrivabile, ma perché accontentarsi se ce n’è uno ancora più astruso?
Dunque, in un film inteso a promuovere il diritto di un adolescente gay a essere se stesso in Italia (impresa già di per sé quasi insormontabile), perché accontentarsi di chiamare al martirio una persona mediamente affabile se possiamo invece mettere al suo posto un insopportabile piagnone, un egotico pacchiano, una sfranta sull’orlo della psicosi? Peraltro Lorenzo – questo il nome manzoniano del fanciullo in questione – non sembra avere ragioni oggettive per prolungare oltre la sua sindrome di Peter Pan in versione kitsch con frustrate aspirazioni camp, dal momento che è amato e difeso incondizionatamente dai genitori adottivi, e tutto sommato a scuola le cose non vanno nemmeno così male.
E allora qual è il problema? Che si è incapricciato di un compagno (Antonio) che gli offre la sua amicizia ma non è disposto a dargli di più, cioè quello che Lorenzo non si limita a desiderare, bensì pretende. Egli infatti non si accontenta di essere accettato per quello che è (cosa irreprensibile), ma pretende appunto di essere amato (anche fisicamente) come, quando e da chi vuole lui. Quando questo non accade (sorpresa!), Lorenzo forse si pone due domande su se stesso o si interessa ai casi altrui? Certo che no. Si limita invece a lagnarsi e a godere del modo in cui giorno per giorno riesce a peggiorare le cose facendo sistematicamente la cosa sbagliata al momento sbagliato, ma proprio la cosa che per tutti è ovvio che sia sbagliata nel momento che per tutti è ovvio che sia sbagliato. Devo confessare che non ho capito se Cotroneo è semplicemente un sadico che gode nel mettere lo spettatore a disagio di fronte all’agire inconsulto di Lorenzo o se ha creduto davvero che qualcuno potesse entrare in sintonia con il personaggio, fosse anche solo perché ne amplifica il ruolo di reprobo facendogli stringere amicizia con altri due emarginati.
Ma il punto è che questo Lorenzo non è un adolescente con problemi di integrazione perché gay, è solo un bamboccio con problemi di crescita a prescindere dal suo orientamento sessuale, che non ha ancora appreso il principio elementare per cui nessuno è l’oggetto incondizionato dell’amore di qualcun altro, e tanto meno del mondo intero.
Se l’omosessualità non c’entra niente, allora non c’entra niente l’omofobia. E questa è la pura e semplice verità, anche qualora dovessimo credere davvero che il problema di Antonio non sia l’essere sull’orlo della schizofrenia (ancora vede e parla con il fratello morto), ma il fatto che non riesce ad ammettere di essere omosessuale anche lui perché, essendo un atleta, deve performare un certo tipo di maschilità. Se anche fosse, infatti, le pretese di Lorenzo non sarebbero meno infantili o più giustificate. Anzi, sarebbe solo più comprensibile la scelta di Antonio di integrarsi per reazione, accentando l’amicizia dei bulli della scuola a costo di rimuovere ancora di più la propria omosessualità e peggiorare la sua nevrosi.
A chi dunque dovrebbe mai interessare questo Lorenzo? Perché essere chiamato a simpatizzare con una vittima dell’omofobia è una cosa, con uno stalker è un’altra. Allo stesso modo, simpatizziamo con i genitori che difendono Lorenzo contro i professori effettivamente omofobi, ma quale spettatore sarà poi così sadico da spingersi sino ad approvarli nella loro pretesa di imporre Lorenzo a quei poveri disgraziati dei suoi compagni? Certo capisco che sopportarlo da soli non deve essere facile e avranno bisogno di dividere il fardello con la comunità. Ogni volta che viene mostrato Lorenzo in auto col padre mi aspettavo che questi lo portasse sulla superstrada e lo abbandonasse sul ciglio della carreggiata. Sono contrario per profonda convinzione etica all’abbandono di cani e uomini sulle strade, ma ci sono problemi che nessuno dovrebbe essere chiamato ad affrontare da solo. Problemi come appunto questo Lorenzo che, ci metterei la mano sul fuoco, non se lo sarebbe preso in casa nemmeno quella santa donna di Lucia Mondella. Ecco, appunto: abbiamo bene il diritto di esigere dal mondo lo sforzo di guardare oltre i suoi pregiudizi, ma siamo sicuri di avere anche il diritto di pretendere da esso la santità? Poiché questo occorrerebbe perché Lorenzo riuscisse sopportabile. Questo e una buona scuola di recitazione. Comunque il mio timore è proprio che sia un un po’ troppo chiedere all’eventuale spettatore carico di pregiudizi di capire che il problema non è l’omosessualità.
Non vorrei essere preso per un nostalgico del “buon omosessuale” cinematografico di cui andavano in cerca, come dell’unicorno, i militanti degli anni Settanta. Non ho mai creduto non dico nell’esistenza dell’unicorno, ma nemmeno nella sua effettiva utilità. Però c’è un limite, non solo di decenza o di buon gusto, ma proprio di ridicolo e anche di banale realismo. Vogliamo allora rendere l’eroe meno bambolotto e meno lezioso, meno perfetto e meno adorabile di quanto prescriva la regola del politicamente corretto? D’accordissimo. Ma da qui ad arrivare a questo Lorenzo è davvero una questione di masochismo.
Ovviamente do per scontato che l’intento di Cotroneo fosse quello di fare un film contro l’omofobia e il bullismo nelle scuole. Oltreché contro la libera circolazione delle armi nelle scuole. Tralasciando l’ultima parte (che Cotroneo abbia un problema non risolto di dipendenza dalla cultura d’oltreoceano è cosa nota), i precedenti del traduttore poi scrittore poi regista mi inducono a pensare che volesse fare cosa buona e giusta. Magari ha solo imitato il modello sbagliato: invece del solito Cunningham… che so… il Friedkin di Festa per il compleanno del caro amico Harold. Ma il fatto è che, per rimanere in tema, piuttosto che questo Lorenzo preferirei avere in casa Regan. Non il presidente (a tutto c’è un limite): intendo la figlia indemoniata dell’Esorcista.
E allora, visto che abbiamo evocato il buon Manzoni, pur non credendo alla Provvidenza, che Dio salvi la regina, come si conviene, ma che poi trovi anche cinque minuti per salvare il movimento gay dai troppi Cotroneo che pensano necessario l’intervento salvifico della loro penna o della loro macchina da presa, e talvolta persino di entrambe.