Le Petit galopin de nos corps

6 settembre 2020

Avrà forse avuto tutti i torti di questo mondo il vecchio Sainte-Beuve ad interpretare gli scrittori del passato basandosi sulle loro vicende biografiche, saranno magari cascami e scampoli di psicologia da fermata del tram i parallelismi, che peraltro sorgono quasi spontanei, tra indole dello scrittore e stile dell'opera - e qui, difatti, chiunque definisca ferrivecchi questi criterî domanda serafico: e con gli adespoti come fai? E con gli pseudoepigrafi non ti pigli solenni cantonate? - ma leggendo questo romanzo non riuscivo a impedirmi di vedervi riflessi le lotte, i malesseri, le contraddizioni del povero Yves Navarre, che difatti finì per morire suicida: si dica quel che vuole, un libro come questo non può essere né concepito né scritto da una persona serena e speranzosa. Non è, a dir il vero, un'opera di completa fantasia, perché lo ispirarono vicende reali del nonno di Navarre, il quale, al pari di lui, era gay (mentre il padre dello scrittore era perbenista e omofobo), anche se immagino che Navarre abbia in gran parte lavorato, com'era giusto, di fantasia. Ovviamente, i due personaggi principali del libro, concittadini e amici d'infanzia che si amano e addirittura convivono, come accadeva molto spesso agl'inizî del Novecento (e altresì prima e dopo) a un certo punto prendono moglie (questi addirittura sposano due sorelle) e hanno figli, senza peraltro cessare di amarsi e di vivere praticamente in simbiosi: a me però non piace raccontare troppo dei libri che leggo, e quindi mi fermo qua. Per molti versi, la storia, pubblicata negli anni Settanta, è lontana sia dai prodotti più tipici della militanza di allora (benché l'autore fosse proprio un militante del movimento gay francese) sia da quelli macerati e dolenti che li avevano preceduti: risente però egualmente dell'aura del periodo in un altro senso. Da un punto di vista strutturale, anzitutto, essa s'impronta a un moderato sperimentalismo, rifiutando la linearità diegetica a favore della scomposizione dei punti di vista (si alternano pagine scritte da entrambi gl'innamorati) e dei piani temporali (alcune parti sono scritte nei primi del Novecento, altre nel 1935); inoltre appare carica di simbolismi, decisamente troppi; e di troppa violenza, talvolta un po' gratuita e inesplicabile: temo che Navarre volesse porre in luce che l'intero mondo in cui vivono i due protagonisti era stato radicalmente violento nei suoi canoni e nei suoi capisaldi; ma qui pare addirittura che ad essere violenta, in modo micidiale e irrimediabile, sia la sessualità stessa. L'amore di Joseph e Roland non suona mai tenero, non vi sorridono mai una sensualità lieve, un gusto per l'abbandono e il piacere: vi aleggiano sempre un odore di sangue, un afrore di animalità cupa e aggressiva, un godere aspro e ferino, una veemenza scomposta dei gesti, un sentore di solitudine desertica e scontrosa che tolgono qualsiasi traccia di bellezza e luce a questo connubio. Alla lunga tale visione amara e sconfitta, sia detto con buona pace di Navarre, viene parecchio a noia, e dà la sensazione d'un sovraccarico tutto sommato inutile anche dal punto di vista narrativo, perché le vicende dei due amanti, tutto sommato, ne dovrebbero giustificare piuttosto una certa soddisfazione: sono due tranquilli possidenti del Midi con una carica pubblica onorevole, possono vivere praticamente assieme, rispettati dalla società nonostante le loro famiglie abbiano alle spalle storie piuttosto complicate, per anni hanno potuto convivere quasi come una coppia gay moderna. Ma perfino se si vuol accettare la visione claustrofobica e fosca dell'autore, rimane il dubbio d'una notevole gratuità dei troppi simboli sparsi ad ogni momento della vicenda, e non padroneggiati con mano ferma, tanto che a volte il significato ultimo ne sfugge. Rimane ammirevole invece la lingua ricca e varia di Navarre, intessuta d'un registro complesso, al contempo letterario e familiare: anzi, tocca proprio dire che è lo stile quello che ancora salva questo romanzo; ma ciò alla fine lascia un po' l'amaro in bocca.
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