recensione diAndrea Meroni
Il conto dell'ultima cena
Sono diverse le apparizioni di personaggi LGBTQ+ nei romanzi della saga che ha per protagonista il donnaiolo Lazzaro Santandrea, l'alter ego di Andrea G. Pinketts. Nel giallo misticheggiante Il conto dell'ultima cena c'è quasi tutto lo spettro dell'acronimo, complice anche la lunghezza considerevole dell'opera, che Pinketts dilata forse al di là delle effettive necessità, confidando nel proprio proverbiale "senso della frase" e comprensibilmente fiducioso nelle proprie doti di padreterno del calembour e della digressione tra serio e faceto.
È difficile ricordarli tutti, i succitati personaggi LGBTQ+, che appaiono e scompaiono nelle pieghe di una trama tanto tortuosa quanto ingegnosa, con un numero imprecisato di crimini connessi a misteriose apparizioni della Madonna.
Innanzitutto abbiamo il rispettabile avvocato Longoni, che implora l'aiuto di Lazzaro perché perseguitato da un bruto che ha conosciuto su una rivista per appassionati di bondage. Il bruto, Boi, lo ricatta per una storiaccia di pedofilia e, al culmine di una lite, lo sodomizza con una bottiglia di Brunello di Montalcino. Il fatto suscita orrore in Lazzaro Santandrea, che - da bravo bevitore - resta scandalizzato più dallo spreco del vino che dal misfatto in sé.
Sappiamo inoltre che Boi ha una storia d'amore col ragazzo che, a tredici anni, aveva giaciuto con l'avvocato. Quando è accecato dai suoi frequenti attacchi di follia, Boi usa comunque violenza a chiunque, indipendentemente dal sesso: profana un portiere sessantenne con una scopa, una signora incolpevole con un criceto e via dicendo.
Lazzaro si sbarazzerà di Boi solo grazie all'intervento di un gruppo di lesbiche, seccate dall'irruzione dell'energumeno nel locale per sole donne "Valchiria Blu". A capitanarle c'è la saffica poetessa Grandine Lomax, che - nonostante faccia pubblica professione di fallofobia - si identifica con lo sciupafemmine Lazzaro, diventandone una preziosa alleata.
Di minore peso in rapporto alla trama, ma di pari incisività come caratterizzazione, è il marziale Professor Terulli, antico insegnante di Lazzaro. Misogino, omofobo e nostalgico del Ventennio, Terulli ha un'improvvisa rivelazione quando una zingarella, leggendogli la mano, lo invita ad assecondare il desiderio che ha sempre represso. Dopo un attimo di sdegno e spaesamento, Terulli corre a comprarsi un négligé e delle mutandine di pizzo, riconciliandosi col proprio animo crossdresser all'alba degli ottant'anni.
Abbiamo infine il timidissimo compagno di scuola di Lazzaro, il mite Monfiorito, commerciante di biancheria intima. Nel capitolo conclusivo - spoiler parziale - svela a Lazzaro di essere sempre stato innamorato di lui e di sentirsi donna. Alle rivelazioni personali, aggiunge il non trascurabile dettaglio di aver assassinato la ragazza di Lazzaro, Pepita, rea di aver scoperto e deriso la sua reale identità di genere. Si spiega così l'ultimo omicidio di cui non conoscevamo ancora la paternità, anzi, maternità.
Lazzaro è sempre molto deferente nei confronti dell'ideale della femminilità, da chiunque esso sia incarnato, e prende la notizia con un certo aplomb: «Io personalmente me ne fotto che tu ti senta donna piuttosto che canguro. Ti voglio bene». Apparentemente non lo sfiora neanche l'idea di vendicare Pepita e lascia che Monfiorito se ne vada verso un destino incerto.
Molto meno equanime è stato nei confronti dell'avvocato Longoni, a cui per tutto il tempo Lazzaro non fa altro che dichiarare la propria antipatia, che raggiunge lo zenith nel momento in cui scopre che è pure pedofilo (pulsione che Longoni condivide con "Don Gelo", un prete che per espiare si dedica all'assistenza dei malati di AIDS). Poco illuminato per il 1999, anno di uscita del romanzo, è il passaggio in cui Longoni chiede a Lazzaro se non abbia mai avuto pulsioni omoerotiche, e questi minaccia di fargli ingoiare i denti...
...salvo poi uscirsene con una fumosa riflessione che vorrebbe aprire una crepa costruttiva nello sciovinismo di Lazzaro, ma che suona male comunque: «Pensai in quel momento con un certo sospetto alla mia amicizia con Pogo il Dritto [personaggio fisso della saga]. L'omosessualità ci rasenta tutti. Non che sia una colpa. È un'ala a cui qualcuno si aggrappa per volare via se si sente costretto a decisioni imposte da altri».
?