SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano

22 gennaio 2021

Si sta parlando così tanto di SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, il controverso docu-drama di Netflix dedicato alla comunità di recupero di Coriano (RN), che scriverne qui una recensione vera e propria tentando di aggiungere qualcosa al dibattito sarebbe uno sforzo di dubbia utilità.

Sicuramente si tratta di un prodotto denso, sempre più coinvolgente di puntata in puntata, che innesca riflessioni profonde. Con l'abbondanza di materiale di repertorio e la polifonia delle testimonianze, la serie comunica anche a chi fino all'altro ieri non aveva mai sentito parlare di San Patrignano l'impressione, se non l'urgenza, di parlarne come se ci fosse vissuto.

Che poi questo possa generare un tam-tam social irritante e scioccamente polarizzato non è certo un demerito della serie, la cui principale pecca è casomai di eccedere in sottolineature drammatiche "alla Oliver Stone", cineasta abile ma abituato a dirigere l'opinione del pubblico verso la propria tesi sia con le buone sia con le cattive, a livello di estetica e di narrazione.

Nel dibattito social di cui sopra, c'è stato anche chi ha criticato, in ottica pro-gay, la scelta di infilare nella quinta e ultima puntata - quasi "a tradimento" - il discorso inerente alla presunta omosessualità del fondatore della comunità, il torreggiante e carismatico Vincenzo Muccioli, in relazione alla sua altrettanto presunta morte per AIDS.

Il senso della contestazione relativa a questo aspetto si riassume così: visto che tutta la serie gioca sull'ambiguità del personaggio di Muccioli, sul suo senso di onnipotenza e sulle violenze ai danni degli ospiti della comunità che potrebbero essere state da lui avallate, perché non aggiungere un'ulteriore pennellata di torbido anche sul piano sessuale, titillando antichi pregiudizi?

Questa critica denota una grave sfiducia nel pubblico di massa del 2021, come se nulla fosse cambiato rispetto al 1995, l'anno della morte di Muccioli, data in cui insinuare il sospetto che Muccioli fosse omosessuale e che fosse morto di AIDS poteva essere letto dai più come l'ennesimo tentativo di gettare fango sulla sua figura.

Ed è esattamente quello che dice in SanPa il figlio di Muccioli, Andrea: queste voci sarebbero semplicemente tra le tante "contumelie" rivolte al padre per screditarlo anche post-mortem. Che poi Muccioli junior pensi tuttora a questi sospetti come qualcosa di intrinsecamente infamante non è dato sapere...

Ma che senso avrebbe avuto escludere questo aspetto dal documentario, considerando che, dalla metà degli anni Ottanta, la storia di San Patrignano è stata toccata direttamente e duramente dalla tragedia dell'AIDS?

Come dice l'ex-ospite ed ex-portavoce della comunità Fabio Cantelli, figura che nella docu-serie si segnala per le sue posizioni sfumate e per la sua capacità d'analisi, ammettere che la morte di Muccioli fosse dovuta all'AIDS avrebbe potuto accrescerne lo spessore e la statura eroica tra le persone che lo avevano amato e che avevano creduto in lui, dal momento che Muccioli in persona aveva aperto le porte di San Patrignano a persone tossicodipendenti e sieropositive che difficilmente sarebbero state accolte altrove.

C'è da dire che una notizia del genere, se confermata, avrebbe potuto creare danni ulteriori perché avrebbe solleticato i più bassi istinti dei media, ed è difficile appurare quanti, all'epoca, avrebbero condiviso la lettura di Cantelli, anche tra i fedelissimi. Stando però alle parole di quest'ultimo, Muccioli aveva fornito ai propri intimi una versione forse "edulcorata" di come avrebbe contratto l'HIV (si sarebbe punto con una siringa infetta nell'atto di prendersi cura di un paziente cui era molto legato), lasciando la dimensione sessuale fuori dal quadro.

È del tutto probabile, come confermano gli altri intervistati, che Muccioli non avrebbe mai ammesso, data la propria cultura e la propria posizione, di aver avuto rapporti omosessuali. La regista Cosima Spender però sbaglia - e non è esattamente un peccato veniale - a interpolare le riflessioni a questo proposito con le immagini di Muccioli in atteggiamenti confidenziali coi suoi "ragazzi" (in un caso "addirittura" un bacio in stile sovietico, a seguito del quale il fondatore - accorgendosi di essere ripreso - fa una specie di boccaccia verso la cinepresa, come a dire: «pensate quello che vi pare»).

Appare qui evidente anche a una persona che non ha vissuto i fatti raccontati come il discorso scada, a livello registico, nell'allusione fine a se stessa, nella decontestualizzazione scandalistica: quelle immagini non dimostrano niente, tranne che Muccioli fosse un personaggio molto fisico (o "tattile", come direbbe Joe Biden) e bulimico nei rapporti umani, cosa chiara sin dall'inizio della serie.

Ammesso e non concesso poi che la morte di Muccioli abbia qualcosa a che fare con la sua sessualità (omo-, bi- o etero che sia), rimane l'impressione che la Comunità, diventata negli anni sempre più gerarchizzata, non avrebbe potuto né voluto riconoscere che suo Padre fosse morto alla stregua dei suoi ospiti... un po' come se un Re morisse di scorbuto o di pellagra come l'ultimo dei braccianti.

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