recensione diMarco Valchera
Mario Desiati, Spatriati
È il protagonista, Francesco Veleno, a chiarirci già dalle prime righe del romanzo di Mario Desiati cosa significhi "spatriati", parlando del suo amore a prima vista, Claudia Fanelli: "gli irregolari, gli inclassificabili, a volte i balordi o gli orfani, oppure celibi, nubili, girovaghi e vagabondi, o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati".
Claudia e Francesco sono come l'acqua e il fuoco, legati dalla venerazione di lui nei confronti di quella ragazza ribelle, diversa, dai capelli rossi, che ben presto gli rivela la relazione extraconiugale tra il proprio amato padre chirurgo e la di lui madre, infermiera. Siamo alla fine degli anni Novanta in una Puglia che guarda con sospetto tanto alle stravaganze di Claudia (si veste da uomo, non ama integrarsi con i suoi coetanei) quanto alle voci sulla presunta omosessualità di Francesco che, nel frattempo, coltiva un fervente cattolicesimo al punto da scherzare sul suo desiderio di farsi prete. Tra i due è Claudia la più "liberata": si lascia andare a relazioni con uomini più grandi, violenti, sposati, spinta sempre dall'anelito a lasciare l'odiata terra natia, troppo bigotta ed emarginante, mentre Francesco non ha il coraggio di abbandonare le proprie radici, di troncare con la propria problematica famiglia, pur continuando a provare quell'amore impossibile e senza fine per la ragazza. Ben presto i due si separeranno sempre per scelta di Claudia, prima per Londra, poi Milano, dove lei frequenterà l'università e troverà un lavoro, e, infine, Berlino, dove, spinto da un desiderio di vivere realmente la propria vita, Francesco la raggiungerà. La capitale tedesca diventa sinonimo di nuove esperienze, incontri e importanti cambiamenti.
Sullo sfondo di un ventennio di storia - l'attentato alle Twin Towers, la presidenza di Vendola, i migranti siriani - Mario Desiati disegna i ritratti di due giovani che si sentono profondamente stranieri nella propria terra e alla ricerca costante di libertà, sessuale, di genere, familiare, ma anche linguistica: a Berlino Claudia apprende la lingua dal vivo mentre per Francesco la durezza e la difficoltà del tedesco impediscono inizialmente di esprimere le proprie sensazioni se non quelle primarie ("ho fame", "ho sete"), fino a quando riesce a dar vita a una lingua nuova e unica con Andria, attraente migrante georgiano che entra nella sua vita.
Nelle pagine scorrono, inoltre, anche tante forme di maternità differenti e antitetiche: dall'odiosa Etta, la bigotta e vendicativa madre di Claudia, a Elisa, che, pur amando il suo Francesco, non rinuncia a cercare la felicità, fino a Erika, complicata ragazza che rivoluzionerà l'esistenza berlinese dei due protagonisti, alla stessa Claudia e alla terra natia, Martina Franca, amata e odiata, con il mare e la sua natura rigogliosa.
In questo bel caleidoscopio di diverse esistenze, ciò che alla fine emerge è il desiderio di ricercare una propria patria, sia essa la terra natia, la poesia - Desiati cita versi di autori pugliesi ai più sconosciuti ma di notevole talento - o quella persona che stravolge e rivoluziona le nostre esistenze.