La gaya vecchiaia

4 luglio 2006, AUT, n. 81, giugno 2006, pp. 30-31.

Una piccola miniera, sepolta dall'oblio o dal dolore, viene riportata in luce e svela le vite sotterranee o semiclandestine di 'ragazzi che hanno amato ragazzi' negli anni '40 e '50.

Nel presentare la raccolta Franco Grillini parla del "vissuto 'carbonaro' di una minoranza ferita", i cui sentimenti acquistarono più valore crescendo in una realtà violentemente ostile: e trovarono inedite forme di espressione e di resistenza.

In un'altra prefazione, Giampaolo Silvestri da questo "intelligente scavo archeologico", che restituisce i frammenti d'amore e le schegge di 'follia' di alcuni nostri padri e nonni gay, ricava "tre nodi gordiani", che si palesano in molte confessioni: gli affetti e l'eros omosessuale, stigmatizzati come sterili e 'improduttivi' dalle religioni e dalle destre fondamentaliste, una volta spenti sembrano condannare i vecchi gay ad un'estrema solitudine; la cesura dell'aids, un altro doloroso leitmotiv nei ricordi di molti: la sindrome che ha segnato "uno spartiacque nella vita e nella quotidianità del mondo omosessuale", da un'epoca rischiosa di sesso promiscuo e selvaggio, ai giorni nostri dove maggiore responsabilità e visibilità hanno portato all'esigenza di coltivare relazioni meno occasionali e più 'protette'; l'importanza del movimento gay, la riconoscenza nei confronti di chi, lottando e pagando di persona, ha saputo far breccia nella muraglia cinese dell'omofobia e nei 'muri di gomma' dell'indifferenza, facendo evolvere, almeno in parte, le nostre società, assicurando maggiore libertà e accettazione rispetto al destino toccato ai nonni.

Si ripete come un ritornello ossessivo nella memoria di molti il rapporto d'amore e odio con la clandestinità, "l'atmosfera di certi cinemini di fumo e andare nei cessi: succedeva di tutto", come evoca Adelmo. Italo, detto "La grande Gio'", ricorda come per una cena 'te lo davano tutti', anche perché all'epoca le donne se la 'tenevano stretta': il cinema Olimpia era "un vero girone dantesco, in senso positivo. Bocchini, seghe. Vecchi e giovani che si facevano inculare... Il film non lo vedeva nessuno... Poi c'erano i posti all'aperto: il Colosseo, il Circo Massimo, Monte Caprino" dove i teppisti che rapinavano e menavano erano più temuti della 'madama'.

Quei tempi sono rimpianti solo perché si era giovani: "Oggi - conclude Italo - sarei molto più felice e vivrei la mia vita sicuramente meglio". Demetrio avrebbe voluto gridare al mondo la sua storia d'amore col farmacista Rodolfo (12 anni più grande di lui), "mettere dei manifesti per le strade", ma invece doveva coprire quel rapporto per difenderlo da un paese che non avrebbe compreso.

La confessione di Jules che, dopo aver rivelato come il sesso liberasse e stordisse al tempo stesso molti di loro, insiste sull'esigenza che i froci tornino ad essere 'mine vaganti', senza farsi risucchiare dall'imperante omologazione.

Romano teneramente rammemora come lo appagasse far l'amore con Tancredi: "Misurare la nostra forza e i nostri abbandoni era meraviglioso". Alberto non ha difficoltà ad ammettere che per molti di loro l'impegno politico fosse zero: "Avevamo non una testa ma un acquario ed era pieno di 'pesce'. Passavamo tutto il tempo a cercare cazzo. Si andava a ballare, a teatro, al cinema ma lo scopo principale della nostra vita era il 'pesce'", un pensiero ancor valido per molti 'sex-addicts'.

Non pochi temono oggi la malattia, l'abbandono degli amici: vorrebbero delle possibilità di vita comunitaria da condividere in spazi concepiti per la terza età, ma che non si tramutino in ghetti, mantenendosi aperti anche ai più giovani che volessero condividerli. In modo da giungere all'estremo appuntamento con dignità, come ribadisce il celebre artista Vinicio Diamanti che, auspicata una grande serenità per la comunità gay, s'augura "di arrivare a chiudere gli occhi vivo". Dopo aver recitato un proverbio svedese che dice: «Un anziano che muore è una biblioteca che brucia», l'intervistatore chiede a Salvatore Adelfio Rizzuto, primo obiettore di coscienza in Italia per ragioni sessuali, se per un gay il problema non possa considerarsi raddoppiato.

Salvatore, convinto che i gay non abbiano nulla di meno nè di più degli etero, osserva: "Siamo tutti libri di sangue, può cambiare la forma della scrittura ma l'inchiostro è uguale per tutti", quasi evocando l'apologia dell' 'ebreo errante' de "Il mercante di Venezia".

Pura poesia la risposta allo stesso quesito da parte di Agostino Raff (per il quale "l'artista dell'erotismo non vuole scandalizzare ma "svelare" con occhio puro la pulsione della vita. Conscio che il coito è un tipo di "operazione chirurgica"..., vuole osservare i meravigliosi apparati meccanici del sesso): "C'è anche da noi un proverbio similare: «I libri sono le macerie dei vecchi»...

Per il vecchio 'omosessuale' (detesto questa qualifica clinico-chilometrica proposta da Kàroly M. Kertbeny nel 1868 come quella conseguente di 'eterosessuale') la scomparsa è davvero doppia, grazie al vigente e inestirpabile maledettismo della categoria. Quando non ci si chiama Buonarroti, Whitman, Lorca, Genet, Pasolini, la scomparsa investe morte e memoria: cancellate, inesistenti. Figuriamoci il (vecchio) gay ucciso. Roba per cronaca nera. Si ritiene che quel corpo non partecipasse al sacro della creazione come invece quello di tutti." E qui Agostino, dopo aver ricordato "la macellazione" a Roma del corpo "bello di speranza - e giovane" di Paolo Seganti, ribadisce come l'affermazione dei movimenti gay sia "una conquista ottenuta con le battaglie e il sangue, ogni lucida coscienza societaria dovrebbe sostenerli e parteciparvi attivamente, anche nel nome di Mario Mieli... E' una forma di resistenza provocatoria alla persecuzione. All'omologazione. Del resto, quando i movimenti gay saranno fagocitati e digeriti, state calmi che insorgeranno altre idiote dichiarazioni di guerra" contro i diversi vecchi e nuovi. Anche Pezzana, fondatore da noi del primo movimento di liberazione omosessuale di rilevanza nazionale (dopo le esperienze romane del pioniere Consoli), ricorda "le battute spensierate, emozionanti, pericolose, lontane però dall'incubo dell'Aids. Erano anni dove la parola omosessualità non veniva nemmeno scritta sui giornali ... Essere circondati da gente ignorante era una sensazione terribile, offensiva. E' inutile dire che cercare di creare una relazione stabile era non solo difficile ma addirittura impensabile. Si guardava chi ci riusciva con un senso di orgoglio...". E proprio a Consoli tocca l'onere e l'onore di suggellare questo diario corale notando che "quando muore una persona anziana, una serie d'informazioni se ne vanno, se poi quella persona è un omosessuale portatore d'informazioni, di linguaggi, di codici conosciuti da pochi, è una specie di tragedia...". Alle esistenze delle persone gay di questo libro, sopravvissute all'odio e all'indifferenza, alla 'tolleranza' e alla desublimazione repressiva, si attaglia la pacata riflessione di Marco Aurelio (Pensieri, II, 17): "Un attimo dura la vita dell'uomo, un continuo fluire è la sua essenza, confusa la percezione (...). Tutto ciò che riguarda il corpo è come un fiume; tutto ciò che riguarda la psiche, sogno e illusione; la vita è lotta e viaggia in terra straniera". Chissà che un domani non si possa curare una nuova raccolta che comprenda - in rigoroso ordine alfabetico e al di fuori di qualsiasi gerarchia di valore - anche altri tasselli importanti della nostra storia come Sylvano Bussotti, Ciro Cascina, Mario Sigfrido Metalli, Elio Pecora, Paolo Poli, etc., e che ci restituisca le straordinarie vecchiaie di Patroni Griffi, Testori, Visconti.

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