recensione diDaniele Cenci
Hotel de dream
Nel maggio del 1900 Stephen Crane si sta spengendo a soli 29 anni consumato dalla tubercolosi.
La sua pelle è secca
"come un'ala di gabbiano ritrovata sulla spiaggia alla fine di un lunghissimo inverno".
Lo assiste la compagna Cora, ex-tenutaria della casa di piacere Hotel de Dream.
Pochi anni prima, in quello stesso 1895 che vide la rovina di Wilde, lo scrittore ha dato alle stampe la sua epopea sulla Guerra Civile Americana: Il segno rosso del coraggio.
In una nazione puritana in cui ancora echeggia la condanna/rimozione di Foglie d'erba di Whitman, bollata come "la Bibbia del terzo sesso", gli torna ora in mente il casuale incontro con Elliott, un giovane marchettaro minato dalla sifilide.
Il ragazzo, disincantato e "indifferente a ogni possibile schiaffo del destino", comincia a narrargli la sua esistenza che, dopo i continui abusi da parte del padre e dei fratelli, ha avuto una svolta con la fuga a New York, dove ha tentato di sopravvivere come strillone, per poi finire sul marciapiede.
Egli si rivelerà una preziosa miniera di informazioni sulla città e i suoi bassifondi, introducendo Crane nel mondo parallelo dei battoni e dei loro spasimanti, un Paese delle meraviglie "intersessuale di dimensioni fantasmagoriche", dove Jennie, "la madre frocia", insegnerà al ragazzino i rudimenti del mestiere.
Lo scrittore cerca di non farsi coinvolgere da quell'essere fragile, "un'entità fluida, vaga e dolorosa" a cui l'unisce la comune lotta contro la malattia, e in cui vede se stesso "come in uno specchio deformante": vuol mantenere la 'giusta distanza' che gli consenta il reportage per il suo giornale, ma finirà per legarsi all'adolescente "con un cuore di bambino ancora vivo, ancora pulsante in un blocco di ghiaccio".
Siamo presi nel gioco di verità e invenzione di un romanzo storico in cui White mescola elementi biografici verosimili a ricostruzioni fantastiche, a partire dai pochi indizi lasciati dall'autore e dai suoi amici.
Il fluire dei ricordi e delle vicende che hanno costellato la vita dell'uomo si alterna ai capitoli (in grassetto) del sulfureo racconto "Il ragazzo truccato" dedicato a Elliott, pieno di rocamboleschi colpi di scena, dove spicca la figura del bancario Theodore che si gioca famiglia e averi per condividere con il ragazzo il suo delirio erotico (fino a farlo immortalare come Antinoo nel marmo), rimanendo schiacciato dalla concorrenza sessuale di uno spietato boss della Mano Nera.
Gli incontri con i grandi autori del suo tempo - Conrad, Wells, Henry James (quest'ultimo, ritratto come una compassata zitella, si macchierà di un'impietosa censura alla fine del romanzo) -, l'impegno giornalistico, la complicità della convivente che trascrive la scandalosa storia: tutto è percorso, tra veglia e sogno, da un'inspiegabile "vitalità fantastica" che galvanizza il corpo di Crane sempre più roso dalla tbc. Colpisce il compassionevole, crudo afflato con cui White, lui stesso sieropositivo da 25 anni, descrive le malattie che colpiscono Crane e Elliott, aggravate dallo stigma della società e dall'ignoranza dei 'sani'.
Nella postfazione l'autore dichiara di aver voluto immaginare come sarebbe potuto essere il progettato romanzo Fiori d'asfalto, di cui non è rimasta traccia: come avrebbe reagito Crane - eterosessuale 'illuminato', colpito da un morbo terminale, sinceramente attratto dai poveri e dagli oppressi - a contatto con amori virili, in un'epoca di persecuzione e clandestinità in cui le persone faticavano a spiegare ed accettare la natura dei propri desideri? Appassionante l'impeccabile traduzione di Giorgio Testa.