recensione diFabio Casadei Turroni
Le poesie di Pier Paolo Pasolini
Disprezzato, vilipeso, condannato, ucciso, e quindi imbalsamato, mummificato e glorificato, Pasolini vive la vita strana dei geni morti incompresi.
Il volume ce lo presenta come poeta, in un momento in cui la sua poesia sembra così poco adatta a far sognare i lettori o a servire da modello ai poeti nuovi, che non lo citano mai tra gli autori preferiti, nelle interviste. E certo tanto tempo è trascorso da quando i lettori si commuovevano fino alle lacrime sulle parole che descrivevano la benna in Il pianto della scavatrice (...Ma tra gli scoppi testardi della/ benna che cieca smembra, cieca/ sgretola, cieca afferra,// quasi non avesse meta/ un urlo improvviso, umano,/ nasce, e a tratti si ripete,// così pazzo di dolore, che, umano,/ subito non sembra più, e ridiventa/ morto stridore...).
Tanto tempo è passato da quando Pasolini pareva un Majakovskij in minore, importante perché impegnato, politico, etico. Il libro è la ristampa, pressoché identica, d'un volume di poesie scelte dall'autore, pubblicato nel 1970 dal medesimo editore.
Sono versi tratti da Le ceneri di Gramsci (1957), La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964).
Forse, in tempi di tedioso riflusso, è venuto il tempo di rivalutare il Pasolini poeta dei sentimenti, che per il poeta furono l'amore per la madre, l'amore per la propria lingua, l'amore per i ragazzi, che trasformò in iperbolici oggetti artistici in maniera opposta a quella, discreta, di Penna. Il gioco del poeta erotico Pasolini era pur sempre una tensione d'attrazione e una caccia di sguardi e di corpi, anche a pagamento: una caccia nota, scandalosa. In questo senso lo si può definire il nostro poeta gay per eccellenza: perché non temeva il moralismo e, dopo il processo, forse perché non aveva più molto da nascondere, nulla nascose più; e diede fastidio colla sua penna puntuta e col suo comportamento a chi, di destra e di sinistra, ci vuole (tutt'oggi) normali all'esterno, diversi nel chiuso delle nostre case.
Ci sono, poi, anche tra di noi, i poeti che chiosano, a microfoni staccati, che dopotutto Pasolini se l'era andata a cercare, quella sera sul litorale romano, quando fu massacrato. E si sa che chi cerca trova. Non è una tesi nuova.
Lo dissero anche i fascisti, all'epoca. 'Il vero dolore è capire una realtà', scrive Pasolini in un verso memorabile; la sua realtà pareva distorta agli occhi dei più. Ora che la sua realtà è clamorosamente la nostra realtà, dovremo chiederci se Pasolini avesse la sfera di cristallo, o se invece avessero le fette di culatello sugli occhi tutti gli altri.
E potremo piangere sul latte versato d'una perdita atroce per la nostra cultura, non soltanto lgbt. In ogni caso, chi fosse allergico alle parole o preferisse la forza delle immagini virtuali può passare un bel po' di tempo istruttivo su You Tube a guardare la faccia ossuta del poeta in tante interviste video, e leggere nel frattempo gli insulti on line che fascisti d'ogni latitudine scrivono e firmano nei blog sottostanti. Sono quasi tutti giovanissimi.