Intervista a James Bidgood

29 giugno 2005, "Babilonia", n. 194, dicembre 2000 con il titolo "Rosa per sempre"

Siamo riusciti a contattare James Bidgood, il regista di Pink Narcissus balzato clamorosamente alla cronaca dopo anni di oblio. In un'intervista esclusiva a Babilonia, Bidgood ricorda la tormentata gestazione di quello che è stato definito "il più malfamato ed erotico film gay di tutti i tempi" e ci parla del suo cinema e della sua fotografia.


Come mai ha deciso dopo quasi trent'anni di rompere il silenzio, rivelando di essere l'autore di Pink Narcissus?

Io non ho "deciso" di rivelarmi. E comunque non è mai stato un segreto. Il film mi fu sottratto durante il montaggio e ne venne fuori un prodotto lontano da quelle che erano le mie intenzioni, così per protesta tolsi il mio nome.

Il film che uscì nel 1971 non era quello che volevo realizzare. E non si pensi che non volevo essere identificato con quella pellicola per il suo contenuto omoerotico o perché non volevo compromettere un'altra carriera "legittima": mi sono dichiarato gay quando avevo cinque anni. Essendo stato una drag queen, un decoratore di vetrine e un disegnatore di moda, non mi preoccupavo certo di essere sospettato di omosessualità.

Sherpix, il distributore originario, aggiunse la scritta "Anonymous" e fece circolare la voce che il film era di un famoso regista, il quale cercava così di nascondere il suo orientamento sessuale. Molte persone avevano lavorato per il film. Se qualcuno avesse voluto chieder loro chi era il regista, l'avrebbe saputo subito, ma all'epoca nessuno era interessato.


Quali sono stati i suoi sentimenti in questi anni ripensando al film? Di odio o di amore?

Sentimenti misti. Prima di tutto, per essere un debutto ho dimostrato una grande pratica cinematografica. Ci sono, perciò, molti momenti per i quali vado fiero: per esempio, l'elegante panoramica che parte da sotto il padiglione fino all'insegna dell'albergo o il carrello all'inizio, attraverso la foresta illuminata dalla luna. E anche le scene con Bobby prima del temporale, quelle con l'uccello orientale bianco, con i drappi viola rigonfi e il soffitto di rose che gira.

Al contrario, lo trovo troppo lungo, anche se in verità se l'avessi finito io sarebbe stato all'incirca della stessa durata. Ma avrei operato scelte di montaggio diverse ed il risultato finale non sarebbe parso così lungo. Per esempio, è stato tolto molto dalla scena di Times Square.

Considerando l'epoca in cui fu fatto e i locali per i quali era stato pensato, non penso che il film abbia nulla di cui vergognarsi. Mettendolo a confronto con alcuni prodotti contemporanei, però forse ha un ritmo troppo veloce ed un montaggio troppo legato ad una successione logica.


A chi appartiene ora il copyright del film?

Il copyright è sempre stato mio. Il contratto originale che avevo con la Sherpix durava dieci anni, dopo di che tutti i diritti sarebbero tornati a me. Il film scomparve dalla circolazione per molto tempo. Michael Lumpkin, che dirige il San Francisco Gay & Lesbian Film Festival, mi disse di averne trovato una vecchia copia in una montagna di rifiuti in un magazzino di Broadway. Forse la stava cercando, non mi ricordo bene. Voleva acquistare i diritti da Lou Sher della Sherpix, ma in realtà Sher non li possedeva più. Lumpkin non si mise in contatto con me perché mi credeva morto. In seguito, un conoscente comune ci ha fatto incontrare e abbiamo firmato un contratto.

Il distributore attuale, Strand, sta preparando una versione in DVD del film, che uscirà presto e in cui ci sarà anche un mio commento.


Ci racconta qualcosa dei sette anni di riprese di Pink Narcissus?

L'idea iniziale era di girare un 8mm di dieci minuti, in cui si sarebbe visto un ragazzo che si spogliava in una stanza da letto molto elaborata. All'epoca si vendevano prodotti simili per posta, erano precursori del porno. Grazie alla proliferazione del cinema underground negli anni Sessanta, volevo fare qualcosa di più, in modo da farlo circolare in qualche cinemino del Greenwich Village, come accadeva a qualche film di Warhol.

Quando nel progetto entrò la Sherpix, fu deciso di farlo circolare in tutto il paese nei cinema veri. Dovetti allora lavorare in modo che fosse qualcosa di più grosso e comunque diverso da un film underground: i registi underground non hanno grande disciplina e non si preoccupavano che i loro film avessero un senso per gli altri nel momento in cui ce l'avevano per loro: sembravano voler testare il pubblico ed erano molto accondiscendenti verso sé stessi. Dal montaggio non avanzò nulla e fu così che si sviluppò. Ci lavorai contemporaneamente ad altri miei progetti - un po' come ha fatto David Lynch con Eraserhead - quando c'erano i soldi, il tempo, gli attori...


Come avrebbe dovuto essere il film secondo il suo progetto?

Al di là delle immagini, niente nella colonna sonora riflette le mie intenzioni. Detesto la musica e tutto quel che riguarda il suono. Allora come adesso, sono molto interessato ai suoni che hanno diversi significati. Per esempio, lo scorrere dell'acqua in un orinatoio può sembrare o può dissolversi in un applauso e poi nelle grida degli spettatori di una corrida. Avevo raccolto dei suoni per questo motivo, ma non furono usati.


Come conobbe Bobby Kendall? E com'è riuscito a farlo apparire sempre uguale per tanti anni?

Me lo presentò un mio amico. Si è detto che un amico di questo mio amico lo incontrò mentre batteva sulla 42ª. Ma non batteva. Probabilmente cercava solo un posto dove passare la notte, visto che era appena fuggito da casa. Per farlo apparire sempre della stessa età, mi sono aiutato con il trucco, tanto, e persino con un parrucchino quando incominciò a perdere i capelli.


Quanti anni ha Kendall oggi? Dove vive e che cosa fa?

Ha una cinquantina d'anni. È sposato e vive sulla costa occidentale con la seconda moglie. È uno scienziato e fa ricerca. L'esperienza con me è stata per lui come un viaggio su Marte per due o tre anni. Non ha niente a che vedere con il resto della sua vita.


Quali sono le fonti della sua estetica?

Il mio lavoro, come anche quello di Pierre et Gilles e di David LaChappelle, è debitore di Tony Duquette che ha disegnato accessori, set, ambienti e scene dei film MGM. Credo sia ancora vivo.

Devo molto anche ai costumi di Adrian, Travis Banton, Erté e all'opera dell'illustratore Maxfield Parrish. Mia madre aveva una stampa di Parrish appesa nella stanza da letto. Era contornata da una stuoia di satin, infiocchettata in una cornice barocca d'argento. Per ore, mi perdevo a fissare la sua opalescenza. Poi, le illustrazioni di Quaintance sono stati uno dei motivi per cui ho cominciato a fotografare.

Dopo aver girato Pink Narcissus, il mio regista preferito è stato Federico Fellini, specialmente per i suoi film a colori, come Roma e Amarcord. Non sempre capisco la politica dei suoi film, ma mi piacciono come arte astratta, mi fanno ridere e piangere, anche se talvolta non mi è chiaro quel che succede. Sono tutti bellissimi e lui aveva una notevole capacità nel far sembrare surreali i momenti della vita quotidiana e terrificante ciò che credevamo benevolo. Fellini ha una grande influenza sul progetto al quale sto lavorando.


Ci sono dei registi nei quali vede tracce del suo cinema?

Nel corso degli anni, mi è stato detto che Fassbinder usava il colore in modo simile al mio, specialmente nella sua versione di Querelle, il romanzo di Genet. Non sono mai stato un patito di Fassbinder e perciò mi è difficile vedere le analogie. Personalmente, non credo di aver influenzato qualcuno.


Le sue foto risalgono agli anni di Pink Narcissus o continua tuttora a fotografare?

Tutte le foto che ho realizzato sono degli anni Sessanta. A causa di difficoltà finanziarie, dovetti vendere tutta l'attrezzatura. Oggi faccio acquerelli delle foto che vorrei scattare in futuro, se e quando avrò una nuova attrezzatura. Sono molto stimolato dall'idea. Spero che avrò un giorno l'opportunità di fare queste foto, sono convinto che sarebbero strepitose. Ho idee sufficienti per altri tre libri.


È famoso come fotografo in America?

No, sono molto più conosciuto in Europa che negli Stati Uniti. Il mio lavoro sembra affascinare di più gli europei. Anche quando uscì Pink Narcissus, fu accolto meglio in Europa che qui. Dopo che è stato pubblicato il libro della Taschen, ho avuto qualche recensione, ma senza grande influenza sulle mie sostanze. Anche se devo dire che, almeno adesso, riesco a pagare l'affitto alla fine del mese. Prima del libro, ho trascorso molto tempo in tribunale perché non lo pagavo. Adesso ho qualche sicurezza in più rispetto a prima.


Ci racconti qualcosa di FAG, il suo nuovo film.

Non c'è quasi nulla di quello che ho progettato o fotografato che mi soddisfi pienamente, mentre sono fiero di quello a cui sto lavorando. Non mi importa se è gradito agli altri, io lo trovo piacevole e buono. La sceneggiatura si ispira liberamente alla mia vita e a tutte le persone meravigliose il cui cammino ha incrociato il mio negli ultimi cinquant'anni.

Negli ultimi due anni ho lavorato a una versione audio (attori, musica, effetti sonori) per proporlo ai produttori cinematografici. Che ne venga fuori qualcosa o no, almeno morirò contento per quello che ho fatto. Lo finirò per la fine dell'anno e spero che i temi gay a Hollywood siano ancora di moda. Ma forse non è così importante, perché si tratta di qualcosa che ricorda un'epica alla Edna Farber. Lei scrisse So Big e Showboat. Era molto sdolcinata e sentimentale, ma sapeva trovare ciò che c'era di buono nella gente...

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Bruce Benderson, James BidgoodJames Bidgoodfotografia1999