Intervista a Fabio Galli

8 dicembre 2020

Sono passati “secoli” ormai da quando, per l’ultima volta, pubblicai un’intervista su questo sito. Non ho - per così dire - la “mano fatata”, e impiego settimane per buttar giù due righe striminzite di testo.

Tant’è; ogni tanto la curiosità e la voglia di approfondire temi e vissuti mi spingono di nuovo su questi lidi.

Questa volta è il poeta e narratore Fabio Galli ad aver attirato la mia attenzione. Conosco Fabio da qualche anno, solo online beninteso, e recentemente ho letto un suo romanzo – mai pubblicato in formato cartaceo – dal titolo El Horno. Mi ha subito intrigato per molti aspetti, dal suo stile che definirei come una sorta di flusso di coscienza ai temi che affronta: il sesso, la vita notturna, i lati anche più oscuri e censurati dell’animo umano. Un libro che a mio avviso meriterebbe di avere più visibilità e, chissà, magari un’edizione cartacea. Non sono qui però per recensirlo, non ne sarei nemmeno capace, ma per sapere qualcosa di più sull’autore, sul libro, e non solo...

Ciao Fabio. È da molto tempo che ci conosciamo, e credo sia arrivato il momento di chiacchierare un po’ su vari aspetti che ti riguardano, e sui quali ho sempre nutrito curiosità. Prima di tutto, mi piacerebbe che ti presentassi, per chi ancora non ti conoscesse.

Ciao, Luca. Nasco come poeta nella metà degli anni Ottanta, pubblicando un testo molto vicino alle impressioni del Surrealismo per una piccola casa editrice di Pescara, si trattava di Impura pubblicato per Tracce. Poi un lungo apprendistato, per me assolutamente formativo, come redattore alla rivista “Poesia”, un libro per Crocetti editore, Caròla, e una versione di un testo giovanile di Verlaine, Melancholia, pubblicato dalla casa editrice L’Obliquo di Brescia. Per quindici anni continuai lavorando nell’ambiente che amavo, quello dell'editoria e pubblicando alcune plaquette sempre per piccoli editori, oltre a pubblicazioni su riviste letterarie (in quegli anni il mio nome circolava abbastanza e i testi mi venivano richiesti), proseguendo con alcune collaborazioni con un grosso gruppo editoriale in qualità di editor. Poi accadde qualcosa… uno stallo, come se si fosse rotto l’incantesimo. Me ne andai dall’ambiente editoriale, qualcosa non funzionava più, non era esattamente quello che avevo immaginato.

Non voglio essere indiscreto, e chiederti nello specifico che cosa accadde. Sono invece curioso di sapere da dove derivi la scelta del tuo nom de plume, ovvero Bo Summer’s.

Quando ho iniziato a pensare a me come narratore, mi sono reso conto che avrei dovuto usare un altro nome per tornare finalmente a pubblicare. Ma non è la prima volta. Utilizzai un altro nome quando, a metà anni Ottanta, pubblicai prosa poetica.

Posso chiederti quale nome fosse, e per che pubblicazione?

Il nome era Fabio Silenzio, e lo utilizzai per l'antologia Trame della parola– la nuova poesia italiana degli anni '80, a cura di Antonio Spagnolo, Edizioni Tracce, 1985.

Ci sono alcune tue poesie cui sei più legato? 

Sì, c'è una intera raccolta che è stata soltanto anticipata nel secolo scorso sulla rivista "Poesia" di Crocetti Editore a cura di Milo De Angelis. Il titolo è Cani d'amore. Oltre a quei versi pubblicati, l'intero impianto poetico non ha mai visto la luce.

Veniamo al tuo romanzo El Horno. Senza voler rivelare troppo del suo contenuto, vuoi parlarmi brevemente della sua genesi? 

L'idea della narrazione, ambientata in una città fantasmagorica e immaginifica che mai l’aveva accolto, che presenta le memorie e le allucinazioni dissociate di Skeeen, il narratore-protagonista, in preda ai sintomi di astinenza dall’eroe-romantico Godz, mi piacque forse per il suono rocambolescamente picaresco delle invenzioni lessicali, o forse per la meravigliata descrizione del libero amore. O fors’anche per le trafficate descrizioni di un ambiente popolato da devianti (famelici e animaleschi), parzialmente ricondizionati a una presunta normalizzazione e simpatici, convinti della loro stessa deità. Da qui parte l'idea del romanzo.

Il locale gay che dà il titolo a El Horno trae spunto da qualche club realmente esistente o esistito? 

El Horno è un locale che esiste davvero, è il segreto di Pulcinella, basta cercare con Google, ma la descrizione dell’ambiente assembla vari locali che si possono identificare facilmente ed è un condensatore di citazione e invenzione letteraria. La stessa cosa accade per l'ambientazione della città, con i propri luoghi di incontro all'aperto. Diciamo che si tratta di una realtà mitizzata, un realismo magico.

Ho trovato molto interessante lo stile narrativo che hai utilizzato. Mi piacerebbe che fossi tu stesso a parlarne. Ci sono degli autori (o autrici) cui ti sei ispirato? 

Del mio stile narrativo ne ha parlato anni fa Mila Mercadante, all'uscita di El Horno, in quella che lei definì una non-recensione: 

Una scrittura trans-mentale – come la definirebbero i futuristi – trascina i lettori di El Horno in un mondo i cui frequentatori hanno la stessa sostanza e la stessa potenza dei personaggi di una tragedia greca nonostante gli sforzi compiuti dallo scrittore per allontanare ogni solennità. Bo Summer’s racconta una storia senza rispettarne la trama, frantumandola, facendo l’equilibrista e costringendo chi legge a sposare la sua attitudine ad annaspare con le braccia per avanzare su un filo sospeso nel vuoto, ma anche a smaniare, a togliere il fiato e ad aggredire. A me è successo proprio questo, di sentirmi aggredita da una successione di scene, oppure dall’inversione dell’ordine delle vicende, dalle parole senza virgole e senza punti. Si vive in un clima rovente dall’inizio alla fine, ma tutto avviene e si comprende a pezzi, a morsi, per nuclei staccati. La particolarità di El Horno sta proprio nella struttura della narrazione, che è studiata e calcolata in maniera tale da non restituirci neanche per un attimo la visione di una realtà involgarita o ingabbiata in un qualunque stampo o interpretativo.

Se è vero che il romanzo è una grande allegoria socio-politico-sessuale, allo stesso modo è innegabile che per il tipo di immagini rappresentate, anche per il messaggio stesso del romanzo, sia presente una fortissima componente sessuale e anche erotica, che inevitabilmente non è stata recepita. Una sessualità sì estrema ma che non racconta solo quello. 

El Horno è, a tutt’oggi, una delle mie opere più esplicite nel mettere in campo le più disparate pratiche sessuali, le differenze, anche al limite della legalità e soprattutto è unico nel sottolineare il legame strettissimo tra corpo, sessualità e potere interno alla scrittura, rompendo così l’illusione di una comunità di pari, dove tutti sono liberi e rispettati alla stessa maniera. Questa infatti non è altro che una falsa rappresentazione, poiché, per assurdo che possa sembrare in una comunità di non volontariamnte emarginati, le dinamiche di potere riproducono in scala le stesse gerarchie della società emarginante: maschilismo, patriarcalismo, emarginazione del diverso.

Un romanzo alla stesura del quale ha lavorato per dieci anni, frutto di una lunga ricerca stilistica caratterizzata dalla destrutturazione del testo attraverso l'utilizzo della tecnica del cut-up, cara a Tristan Tzara e mutuata in seguito da William Burroughs.

El Horno è disponibile solo online. Hai mai provato a proporlo a qualche casa editrice per una sua pubblicazione anche in cartaceo? 

Scrittura caotica, raccolta di pagine prive di una struttura precisa, schermo sul quale si susseguono le immagini di un mondo infernale. Questa febbrile descrizione della realtà. Un romanzo sconfinato che avrebbe fatto perdere la testa a tutti, se solo se ne fossero accorti, un semplice ritratto, una visione apocalittica di come l’umanità agirebbe se fosse completamente separata dall’eternità. Fu oggetto, fin da subito, di un processo di occultamento dovuto alla sue stessa esistenza. La colpa non fu tanto del romanzo in sé quanto della vita disagiata, eremita e autocombustiva dell’autore stesso. Un’opera letteraria che gli editori cercavano di evitare accuratamente, dunque. Per dieci anni, quasi.

Tu svolgi anche l'attività di libraio. Cosa ne pensi dell'eterna diatriba sul creare o meno - nelle librerie - settori dedicati alla produzione letteraria con temi LGBT+? 

La mia libreria "fisica" Biblioteca di Bo, non era divisa per settori. Non mi sono mai posto questo problema. Ma sono un libraio anomalo e lo faccio ancora online sul sito www.bibliodibo.it come ben sai.

Credi che sia corretto parlare, in alcuni casi, di letteratura gay o comunque identificabile con l'orientamento sessuale e l'identità di genere al centro della narrazione? 
Mi pare esista già ma non ne farei un'etichetta come non lo farei per la cosiddetta letteratura femminile.

Ci sono testi che hai scritto, e che poi per qualche motivo hai deciso di "tenere nel cassetto"? 
Testi che ho nel cassetto non rimangono lì per mia decisione ma solo perché non trovo un editore cartaceo che se ne interessi. Probabilmente dipende dal mio essere al di fuori di qualunque giro letterario.

Hai progetti per nuovi romanzi o nuove raccolte di poesie da pubblicare in futuro?
Uscirà a breve un mio nuovo racconto lungo L'anarchista, in e-book, per le edizioni di www.gaiaitalia.com che è, a tutt'oggi, l'unico Editore che mi permette ancora di avere una voce.

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