Il mondo dei ragazzi normali

Intervista a Karl M. Soehnlein

Occhi vivi di un azzurro intenso, capelli biondi, tono della voce calmo e suadente, accento tipicamente americano: è così che si presenta Karl M. Soehnlein, in Italia per la promozione del suo romanzo Il mondo dei ragazzi normali, successo editoriale negli USA e ora tradotto in italiano. Lo abbiamo incontrato a Roma, alla libreria Babele e gli abbiamo posto alcune domande.


È la prima volta che vieni in Italia? Come ti trovi?

È la terza volta che vengo in Italia, dove ho diversi amici. Il clima è bello e mi sento a casa. Roma poi è affascinante e misteriosa. Comunque, è la prima volta che vengo per parlare di un mio lavoro e questo mi rende molto contento.


Conosci la realtà gay italiana? Che ne pensi?

Conosco un po' la vita gay italiana e la ritengo molto interessante, soprattutto molto viva. Tieni presente che io vivo a S. Francisco, ovviamente in un contesto culturale e politico totalmente diverso: ci sono matrimoni gay, c'è apertura in tutti i sensi. Un piccolo paradiso, insomma. In Italia credo che non ci siano molti ostacoli "nascosti" come accade in America (per esempio, il fondamentalismo). Ultimamente anche negli USA ci sono stati omicidi di gay, soprattutto nel Wyoming.


Veniamo al tuo romanzo: come mai l'ambientazione a fine anni 70?

Sono nato a metà degli anni Sessanta e, quindi, ho vissuto la mia adolescenza alla fine dei Settanta. Per cui il romanzo rispecchia un po' il periodo che ho vissuto in prima persona. Poi si tratta di un periodo particolare: abbiamo Stonewall, i gay pride a New York. A soli venti chilometri, nel New Jersey, invece, c'era una realtà totalmente diversa. Robin MacKenzie, il protagonista del romanzo, vive questa realtà in un mondo chiuso, sapendo però che c'è anche la realtà della grande città.


Descrivi Robin come un ragazzo che preferisce passare il tempo a chiacchierare con la sua migliore amica, non ha amici maschi, va in giro per New York con la madre a visitare i musei, è portato per il liceo artistico, odia l'ora di ginnastica. Non si tratta di luoghi comuni, dunque, ma di una realtà vissuta.

La personalità, la psicologia di Robin e le sue emozioni sono molto vicine al mio modo di essere, ma la storia, gli eventi raccontati fanno parte della fiction del romanzo.


Il tuo romanzo ha avuto un enorme successo ed è stato definito come "uno dei migliori libri degli ultimi tempi" e anche come "un libro che chiede di essere letto ad ogni pagina". Te l'aspettavi?

Grazie [e ce lo dice in italiano, ndr]. Non mi aspettavo questo successo, assolutamente. Quando ho tentato di pubblicare il libro ho girato un sacco di case editrici. Mi sentivo sempre rispondere che la scrittura era buona ma si trattava di un testo che sicuramente nessuno avrebbe mai comprato. Ora, invece, è stato tradotto in italiano, ha ottenuto negli Stati Uniti il prestigioso Lambda Award come miglior romanzo gay del 2001 ed è in preparazione anche un film. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che moltissimi lettori si rispecchiano nella storia di Robin e delle sue vicende familiari e sentimentali.


Se dovessi riscrivere oggi il romanzo cambieresti qualcosa?

[dopo un po' di esitazione] Credo che cambierei la scena con Vincent [ambientata a New York: Vincent è un italo-americano che quasi "costringe" Robin a fare sesso con lui, ndr]. Ti dirò di più: sabato scorso ero a Torino per la presentazione del libro e parlando con un gay mi ha posto molte domande su questo brano. Vorrei, pertanto, rileggere questa parte nella quale si vede che Robin è indeciso, sa cosa sta facendo ma al contempo non lo sa, non riuscendo a capire a cosa andrà incontro. Credo che, dunque, prima rileggerei con calma questa parte.


Una critica che è stata fatta a Il mondo dei ragazzi normali è che Robin MacKenzie ha pensieri un po' troppo elevati per un adolescente. Che ne dici?

Ok, io non ho scritto un libro per teenagers ma per chi lavora con loro. Usando la tecnica del narratore onnisciente, sono io che posso dare una supervisione al pensiero. Ho scritto questo libro partendo dall'esperienza di persone che hanno vissuto un qualcosa di simile, per cui faccio mie anche le varie considerazioni che essi hanno fatto.


Il romanzo si conclude con Robin che va via di casa. Per vivere, dunque, liberamente la propria omosessualità è necessario staccarsi dalle proprie radici?

Anche se può sembrare che Robin vada via da casa, non è proprio così. Robin va a New York per la prima volta da solo. Poi tornerà a casa. Il messaggio che io volevo dare con l'ultima parte è che, nonostante tutte le cose brutte che gli capitano, c'è sempre questa voglia di tornare a casa, di ricominciare. Ci sono molte persone che danno un taglio deciso con la propria famiglia ma per Robin non è così. Nel mio prossimo libro il protagonista farà proprio la scelta di recidere completamente i rapporti con la famiglia, ma alla fine ritornerà, dopo un percorso di crescita. C'è bisogno di entrambe le dinamiche: tagliare con la propria famiglia e ritornare ad essa.


I registi premi Oscar Rob Epstein e Jeffrey Friedman stanno lavorando per un adattamento cinematografico del testo. Come credi che verrà fuori il film? Hai qualche "paura" che il tuo testo possa subire degli stravolgimenti?

Qualche paura c'è. Sto lavorando alla sceneggiatura, a stretto contatto con i registi. Senza dubbio qualcosa di diverso ci sarà, trattandosi di un altro mezzo comunicativo. Ma cerchiamo di essere fedeli il più possibile al romanzo. Poi sarà il pubblico a decidere.


Quando Robin scopre che il vicesindaco di San Francisco è gay si chiede chi mai avrebbe potuto votare un omosessuale. Che ne pensi dei gay in politica?

Con il riferimento al vicesindaco di San Francisco volevo sottolineare che è molto importante per la comunità gay impegnarsi in politica. Questa militanza è stata una pietra miliare per la struttura politica di San Francisco che, come conseguenza ha avuto quella di vivere bene, e non solo per i gay, ma anche per gli etero, perché si può vivere insieme e bene. Ci sono molti modi di vivere la propria vita gay e uno di questi è quello di impegnarsi in politica - oltre che nelle manifestazioni, nei Pride e negli altri eventi - per entrare tutti in un mondo migliore.


Ed ora la "classica" domanda: si può parlare di letteratura gay?

A volte si tratta di un'operazione commerciale, perché ci sono romanzi a tematica gay e quindi gli editori si preoccupano che gli omosessuali li comprino. Come dice Leavitt non ci sono libri gay, ma lettori gay.
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