Accostando horror a dramma psicologico, Zulaswski crea uno studio a tinte forti, sospese tra Polanski e Cronenberg, di una crisi coniugale drammatica ed esacerbata. E’ in particolare interessante l’idea dell’amante perfetto costruito in una sorta di laboratorio psicofisico, nel quale i desideri più nascosti dell’Es prendono corpo in una creatura prima informe e poi sempre più umana, che deve costituire la crasi del marito (cui assomiglierà alla fine) e dell’amante focoso e intellettualoide. Purtroppo Zulawski si dimostra troppo preoccupato a seguire la resa visiva ed estetica (che conosce momenti molto belli) e troppo poco interessato allo sviluppo drammatico (spesso confuso) e dei personaggi (talvolta ridicoli, come quello dell’amante, sessantottino in ritardo con ascendenze decadenti da fumettino). Nel marasma incontrollato dell'opera c'è spazio per tutto, anche per un investigatore che improvvisamente rivela la sua omosessualità al protagonista, lasciando l'incarico perché sopraffatto dal dolore procuratogli dalla scomparsa del suo compagno. Un inserto quanto meno curioso, di una semplicità e di una spontaneità, aliena a qualsiasi macchiettismo, che lasciano positivamente sorpresi.