Tutta (ossessivamente) incentrata sul sesso, è una serie disinibita fino alla disarticolazione che trasforma il kitsch da arredamento a stile di regia, senza per altro approdare spesso quanto vorrebbe al camp. Lo stile da videoclip, presto ripetitivo e stancante (indirizzato evidentemente a un pubblico giovanile), risulta confuso nell’esposizione del racconto, spesso molto esile. Il kitsch, il chiasso pop, la vivacità esuberante dei colori non appartengono solo al profilmico, ma anche al filmico, attraverso un’elaborazione dell’immagine e del colore che la corrode e la trasforma in senso violentemente antirealistico. Si aggiunga una galleria di personaggi che, omo o etero che siano, sono tutti estremamente irregolari, e si ottiene come risultato quasi un mondo alieno, nel quale tutto è all’insegna dell’esagerazione e del vitalismo più sfrenato, in cui l’ironia e la libertà della rappresentazione non riescono a nascondere un certo esibizionismo gratuito. Se il vitalismo scade nel caos, il gioco martellante sull’eccesso impedisce qualsiasi approfondimento, e il quadro complessivo della messinscena condanna alla fuga da qualsiasi realismo con, come conseguenza piuttosto evidente, una diminuzione consistente di ardimento e una sostanziale povertà d’intreccio: succede ben poco nelle otto puntate della serie, e le situazioni sono spesso ripetitive e inconcludenti.