Gruppo di famiglia in un esterno

AUT incontra Stefano Bolognini in occasione dell’uscita del suo libro Una famiglia normale (Edizioni Sonda, € 11)

5 novembre 2008, AUT, n. 106, Novembre 2008

Nel 2000 ti sei affacciato al Circolo Mieli per presentare "Balletti verdi": ricostruivi uno scandalo omosessuale rivelatorio della cappa di repressione e del muro di gomma dell'omertà che ammorbava l'Italia negli anni '50 e '60. Oggi torni con un testo su famiglia e coming out.

Rammenti ancora il mio ballo delle debuttanti a Roma?

Avevo 23 anni e, davanti ad un pubblico navigato, osavo disquisire del "battuage" nei parchi e nei cinema degli anni Sessanta.

Ridevano sotto i baffi: non avevavo certo bisogno di lezioncine accademiche sui luoghi di rimorchio da me storicizzati.

Allora avevo indagato una caccia alle streghe che, partendo da Brescia, coinvolse e strinse in un angolo la comunità gay italiana, schiacciata dalla ciclica e menzognera accusa di una pedofilia generalizzata al suo interno.

In "Una famiglia normale" mi sono immerso invece in un nucleo familiare confrontato con la visibilità omosessuale di un suo giovane membro. Ho voluto capire che aria tirasse, attraverso quali vie si sviluppa l'accettazione o il rifiuto della diversità, individuando i lenti progressi consolidati in quest'ultimo decennio in ambito domestico.

Hai intervistato i tuoi genitori, tuo fratello, tuo cugino e rispettive compagne, tua zia, tuo "marito" (lo chiami così, indignato per l'assenza di una legge sulle unioni civili), la suocera e persino un'agguerrita nonna ottantenne...

Che spasso la nonnina! Mi ha deliziato narrandomi del coraggio di alcune lesbiche negli anni Cinquanta, mi ha riportato indietro ai 'favolosi' anni Sessanta quando per la prima volta incontrò "uno di quelli", ha ricordato l'imbarazzo di mio padre che le aveva confidato di me e i suoi tentativi di "consolarlo".

L'omosessualità "questione di famiglia", da soffocare dentro le mura della propria casa? Ci sarebbe piuttosto da viverla come una "questione di orgoglio di famiglia"!

Ma non è un limite esserti concentrato solo sui tuoi? Vabbè, ti avranno pure accettato, ma quante sono le famiglie che ancora oppongono un lapidario (= tombale) rifiuto?

Il libro non è la storia di quanto la mia famiglia corrisponda allo stereotipo del Mulino Bianco.

Prima che nipote, fratello o figlio gay, ho cercato di essere un giornalista che osserva e trascrive una realtà concreta.

Ne emerge lo spaccato di una comune famiglia italiana conservatrice, che fa i conti con l'omosessualità di un proprio membro e l'accetta per affetto, non subito e non senza "condizioni".

Si intuiscono ancora seri motivi di disaccordo (pensa alle opinioni sul Pride, su un matrimonio paritario o sull'adozione), ma questo è il trend, e lo spiega nel suo contributo "Mosaici familiari" la sociologa Bertone. La buona notizia è che la maggior parte delle famiglie con un parente gay non si chiude più a riccio come un tempo, ma finisce per rispettarlo.

Hai fotografato il tuo "gruppo di famiglia in un esterno", in una sorta di coming out collettivo.

C'è aria di cambiamento, ci si interroga a fondo sulle coppie di fatto.

E anche se un padre parte dal considerare l'omosessualità come una 'deviazione' mentale, poi finisce per acquistare i dolcetti preferiti al tuo fidanzato quando è da voi a cena!

E che dire di mamma che ti accompagna in un luogo di baldoria, e resta incuriosita dallo specchio nei bagni ad altezza di pisello? O la zia che ritiene che "normale" sia qualsiasi persona o coppia felice?

È proprio questo che non arriva ai politici italiani che sbrodolano dichiarazioni sulla Famiglia tradizionale. Nessuna famiglia è monolitica.

Tanto meno lo è la relazione che progetto giorno dopo giorno col mio uomo, né la famiglia di mia zia vedova... Dove si cementano affetti, lì c'è famiglia.

Ma famiglia è pure fare i conti con ciò che risulta incomprensibile: famiglia è mediazione.

Il testo, come afferma la Rodotà nel risvolto, non è solo una "storia italiana contemporanea", una "micro-inchiesta" condotta da un "rompiballe", ma anche un manualetto per dichiararsi.

Sì, spero che i gay invisibili trovino nella testimonianza di un altro omosessuale il coraggio e le parole per affrontare i loro cari, a tutti i livelli, nonne incluse. Oggi pare davvero possibile.

Il tuo libro coinvolge, ma perchè questo titolo? Ansia di normalizzazione?

Ma non ti pare che la 'normalità' gay possa riuscire a scardinare l'immobile status quo? Anche se qualche scazzo rimane, la mia 'normale' famiglia gay ora è coccolata nel più grande insieme del parentado.

Il fatto che i miei abbiano accolto anche il mio compagno ci ha semplificato la vita, rendendola più autentica.

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