Pazzo di Vincent [1989]

8 marzo 2005, "Aut", novembre 2004, pp. 46-48, col titolo: "Hervé Guibert, meteora d'amore"

Il punto sull'indimenticabile scrittore francese, autore di Pazzo di Vincent, pubblicato di recente da Playground.


Due biografie - Hervé Guibert. Le jeune homme et la mort di François Buot (Grasset 1999) ed Hervé Guibert di Christian Soleil (Actes Graphiques 2002) - insieme all'intenso diario Le mausolée des amants. Journal 1976-1991 (Gallimard 2001) riaccendono l'interesse intorno all'autore scomparso nel 1991 a 36 anni, proprio come Tondelli.

Da noi negli anni Novanta aveva trovato spazio l'ultimo Guibert, quello della trilogia dell'Aids: All'amico che non mi ha salvato la vita (Guanda), Le regole della pietà (Marsilio) [ma l'ultimo libro, L'homme au chapeau rouge attende d'esser tradotto], I miei genitori, Io e il mio valletto, Citomegalovirus. Diario d'ospedale, Il paradiso (tutti e quattro da Bollati Boringhieri), Lettere dall'Egitto (EdT).

Mentre è viva la sua memoria tra i lettori italiani, la dinamica Playground ha di recente dato alle stampe Pazzo di Vincent, del 1989, uno degli ultimi testi solari, carico d'eros e nostalgia, prima che la scrittura dell'outsider francese sprofondasse nel debilitante corpo a corpo con la malattia.

Nel libro viene reinventata la decennale passione per un adolescente, ed Hervé s'immerge nei labirinti del desiderio, si smarrisce nel gioco crudele del darsi e negarsi.

Pazzo di Vincent è una visione caleidoscopica, un sogno regalato prima di morire, un fragile scrigno di tenerezza, racconto di vita in tempo di colera. È una fiaba da Mille e una notte, da leggersi come una novella araba dalla fine, partendo dall'82.

Il libro si apre infatti col suicidio (immaginario) di Vincent, e procede a ritroso fino ad evocare nelle ultime pagine l'inizio dell'amicizia amorosa con questo "ragazzo selvaggio" (la mente corre a Truffaut e al maestro William Burroughs).


Vincent Marmousez, ispiratore dell'opera, ha 16 anni quando incontra il ventisettenne Hervé e intraprende con lui e un altro ragazzino un'avventura straordinaria, evocata in Voyage avec deux enfants (1982); ne ha 26 quando Hervé scompare, nel 1991: oggi vive vicino a Parigi, e conserva intatto tutto il fascino che aveva catturato lo scrittore.

Guibert, nato il 14 dicembre 1955, giornalista e fotografo, esordisce sulla scena letteraria nel 1977 con La mort propagande (Régine Deforges; l'edizione 1991 si arricchirà di varianti e testi giovanili), un inno sadiano al corpo come centro gravitazionale della sua ricerca estetica, materia prima in cui affondare il bisturi della sua micidiale porno/grafia: "Il mio corpo è un laboratorio che offro in esibizione, l'unico attore, l'unico strumento dei miei deliri organici".

Nei primi anni Ottanta la sua ispirazione si rivela estremamente feconda, spesso sperimentale e poco "digeribile", rispetto all'ultimo periodo in cui l'autore si farà cronista della propria sofferenza e di un indomabile voglia di sopravvivere: L'image fantôme, Les aventures singulières, Les chiens, la sceneggiatura L'homme blessé con Patrick Chéreau, Les lubies d'Arthur, Les gangsters, Des aveugles, Vous m'avez fait former des fantomes, Mauve le vierge, L'Incognito, La piqûre d'amour et autres textes suivi de La chair fraiche.

Lettere, blocchi d'appunti, quaderni e diari sono gli incunaboli, le matrici di un'opera prolifica: venticinque libri in soli quindici anni attestano l'urgenza di una scrittura trasgressiva, mai addomesticata, che quasi presagiva di dover dire molto in poco tempo, anche a rischio di ripetersi.

Frammenti e tessere della sua vita disseminati in un interminabile giornale di bordo, mai sazio di verità e di amore: "Il diario può, in certi momenti, diventare il testo d'un romanzo: Kafka".

Amici, amanti, le iniziali dei loro veri nomi si rincorrono: predominano la coppia T. & C. - Thierry /Christine - e l'angelo ribelle V. (Vincent).

"T. resta, intero, il fantasma supremo: il solo "visitatore" desiderato (il mio fantasma è proprio quello della visitazione, dello stupro), ma non bisogna aspettarlo" (Le mausolée des amants, p. 21).

Il vaso di Pandora delle droghe, una solitudine abitata dai fantasmi del sesso, camminate senza meta, odori, umori, pelle bramata, volti sognati, crudo disincanto, la cappa della famiglia, ossessione dei corpi, geroglifici d'amore, una disarmante tenerezza, i campi magnetici della seduzione: altrettanti leitmotiv orchestrati nel "libro infinito" di Guibert.

Ne Il mausoleo degli amanti emergono i gusti musicali e letterari (dove predomina un'autentica passione per la cultura tedesca), ed incontriamo i registi e le città amate: Rigoletto, la divina Callas, Philip Glass, Le affinità elettive di Goethe, Novalis, Holderlin, Jean-Paul, Kleist, Il mago sabbiolino di Hoffmann, Dostojevski, Handke, L'amico ritrovato di Uhlman, Jean Genet che dona a Guibert "la libertà assoluta (Miracle de la rose)", Viale del tramonto di Wilder, Baby Doll, le interviste di Hitchcock con Truffaut, e di Elia Kazan con Marguerite Duras, Parigi, Monaco, Venezia, Berlino, Barcellona, Varsavia, la campagna toscana.

"Stamane al risveglio la sensazione di un'enorme mancanza: sono nella condizione di qualcuno che attende qualcosa, qualcosa che gli cambierà la vita. Ma cosa posso aspettarmi? (L'altra notte ho sognato d'essere un bambino abbracciato al corpo di un uomo)" (MdA, p. 60).

Sul finire degli anni Ottanta l'Aids devasta il mondo dell'arte e della cultura, l'irrimediabile perdita di tanti amici e compagni sembra far scomparire per sempre sulla Terra alcuni accordi, colori, lettere ed immagini: Copi ('87), Basquiat – Aron – Hocquenghem ('88), Bruce Chatwin – Mapplethorpe – Koltés ('89), Keith Haring e Vito Russo, autore de Lo schermo velato ('90).

"Sogno di piangere della morte, lacrime ancora sconosciute, un singhiozzo infinito, dove il dolore puro si associa al piacere, una lentissima deriva che nulla potrebbe arrestare e che trascina tutto il corpo, l'anima, la vita".

Guibert sente di dover raccontare fino in fondo il dramma della sua lotta col virus, ma le parole non bastano più.

Nel video-testamento Il pudore e la spudoratezza filmerà impietosamente l'inesorabile progredire della malattia: "Mi sento un po' come un cavaliere (Don Chisciotte?, lo sto appunto leggendo) che ha concluso le sue battaglie, il cui cavallo s'è mutato in un aerostato, e che ora scivola su uno strato d'aria, raro ma pur rarefatto, che è quello della solitudine. Vertigine: dove atterrerò? È verso la letteratura che voglio andare, o verso la morte, o è la stessa cosa?... (Uno dei ruoli della scrittura è l'apprendistato della morte)" (MdA, pp. 297 e 435).

Arriva gelido il 1991: l'Aids stronca il 24 novembre Freddie Mercury, il 16 dicembre ci ruba Tondelli. Alla vigilia del suo compleanno, stanco delle devastazioni subite, Guibert manda giù un cocktail di farmaci: se ne va dopo due settimane d'agonia, il 27 dicembre 1991.

In All'amico che non mi ha salvato la vita aveva immaginato questa dignitosa uscita di scena prima che "l'ospite indesiderato" portasse a termine il massacro: "La digitalina sarà il radicale controveleno al virus dell'Hiv, spengerà i suoi misfatti contemporaneamente ai battiti del mio cuore".


Hervé riposa sull'isola d'Elba, nell'eremo di S. Caterina dove aveva trascorso i momenti più belli e tragici della sua breve esistenza.

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