recensione diMauro Fratta
Alba ligustra cadunt, vaccinia nigra leguntur
Adolfo Caminha, scrittore brasiliano morto a soli trent'anni, ai canoni del naturalismo letterario aderì entusiasta: erano consentanei, del resto, alle sue posizioni politiche rivoluzionarie; e, che si denominasse poi naturalismo, realismo o verismo, il fenomeno in quegli anni attecchiva rigoglioso in ambienti culturali anche piuttosto diversi. In questo racconto ne abbiamo un tipico esempio: anche se le prime righe, nel descrivere la vita a bordo d'una nave da guerra, possono arieggiare una pagina di Conrad, ben presto l'autore si concentra sulla figura di Amaro, detto Bom Crioulo, il negro del titolo: un ex-schiavo muscoloso e fortissimo, rifugiatosi in marina dopo la fuga dalla piantagione.
Bom Crioulo, marinaio infaticabile e docile sino al momento in cui a bordo sale il mozzo Aleixo, bellissimo adolescente biondo, a contatto con questi scopre per la prima volta un autentico impulso sessuale: la passione del negro è puro istinto violento che (ovviamente, mi vien da dire) non può che condurre alla gelosia e al delitto, istinto selvaggio che si riflette in tutti i comportamenti, i ragionamenti, le parole del protagonista, il quale, se a volte cerca di riflettere, non fa in realtà che dare forma verbale alle proprie ossessioni. D'altronde, anche Aleixo vive d'impulsi: ma sono impulsi di ragazzo bellissimo e delicato, consapevole del suo fascino, che sfrutta in modo perfino incosciente; i suoi sono istinti da gatto elegante e pieno di moine. In fondo, questa tendenza letteraria produceva risultati analoghi da entrambe le sponde dell'Atlantico: Bom Crioulo che dà folle sfogo all'hantise gelosa e omicida che lo agita, e poi si lascia portar via dalle guardie con l'impotente stupefazione con cui ce lo figuriamo anche affrontare, fuori dalla cornice del racconto, il processo e il patibolo, è fratello dei contadini di Bronte devastatori e omicidi descritti con anche più efficace secchezza dal nostro Verga nella novella Libertà. L'aria del secolo era questa: il selvaggio non era più il mito di dirittura e grazia da contrapporre agl'iniqui artifici delle società mature, né il mito di semplicità di costumi e di mente, capace di guardare con distacco ironico le pazzie delle nostre culture piene di gingilli e frange, di arzigogoli e d'inciampi; questo è un selvaggio a tutto tondo, che se ne frega delle convenzioni sociali, che segue a testa bassa il proprio desiderio.
Inutile osservare, ad oltre un secolo di distanza, che il naturalismo di Caminha non era meno ingenuo delle mitologie settecentesche. Giova notare invece che, aderendo a tale estetica, lo scrittore brasiliano fu tra coloro che riuscirono a spezzare il silenzio che da secoli circondava l'omosessualità in letteratura: il desiderio del maschio per il maschio ha in lui corpo e vita d'arte; il prezzo pagato, chiaramente, è quello di doverne dare un ritratto unilaterale, in bianco e nero: si accenna nel racconto anche ad ufficiali con lo stesso orientamento sessuale di Bom Crioulo, ma diluito nelle buone maniere da gentiluomini, e vissuto perciò in segreto; l'omosessualità alla luce del sole non può che presentarsi violenta e fuorilegge. La narrazione di Caminha è dunque ancipite, perché da un lato vediamo Bom Crioulo vagheggiare una vita di unione affettuosa insieme con Aleixo, ma dall'altro i suoi comportamenti che abbiamo sotto gli occhi sono spesso sciocchi o distruttivi. C'è altresì, fra le righe, sicuramente la denuncia della sostanziale ingiustizia d'una cultura che nega spazio all'espressione dell'amore del negro per il mozzo biondo, ma c'è anche l'eredità pesante di secoli d'una cultura oppressiva, la quale, con la sua tendenza a degradare l'amore verso una persona del proprio sesso a "vizio innominabile", in queste pagine pionieristiche lascia una certa zavorra. Dal punto di vista stilistico, perlomeno da quanto una traduzione consente di giudicare, Caminha non aderisce in pieno ai canoni del realismo: se lo paragoniamo, per esempio, ai nostri Verga o De Roberto, scorgiamo nella scrittura del brasiliano qualche afflato d'enfasi, qualche intervento del narratore dall'esterno, che sono più vicini al tipico procedere del romanziere ottocentesco classico. Questa scrittura qua e là enfatica e, nonostante il proposito di Caminha, innaturale, a mio avviso toglie un po' di valore al racconto, che ad ogni modo, di là dal valore storico che l'ha fatto assurgere fra i classici della letteratura brasiliana, costituisce ancora un testo meritevole di essere letto ed apprezzato ad oltre un secolo dal momento in cui apparve causando tanto scandalo.