recensione diMauro Giori
Il viaggio di Felix
Quintessenza del cinema didascalico, La strada di Felix è una sorta di grande spot stile "pubblicità progresso" ricco di buone intenzioni ma che in novanta minuti non riesce a conferire un minimo di profondità al protagonista.
Dopo dieci minuti di rara pesantezza il film trova un suo ritmo mediamente felice e si mostra capace di qualche azzeccato tocco umoristico, anche se l'intento didattico continua a farla da padrone dalla prima all'ultima sequenza. Tutto il film è infatti costruito per sequenze esemplari, ciascuna delle quali ha il suo piccolo messaggio da consegnare allo spettatore (cos'è un vero padre, cosa bisogna fare con un profilattico usato, ecc.). E ciascuna porta il suo contributo alla costruzione del messaggione generale, e cioè che i veri ruoli famigliari non sono tanto quelli di sangue, stabiliti e riconosciuti dalla società, quanto piuttosto quelli affettivi, che ciascuno è libero di scegliersi in base alle proprie affinità elettive. Saggezza affidata a un bambino che non vuole saperne di scegliere un padre solo tra tutte le figure paterne con cui si trova ad avere a che fare.
Ottimo per una serata didattica, anche se finisce con l'eccedere in correttezza politica (il protagonista non ci pensa due volte a portarsi tra i cespugli il maschione incontrato per strada, ma guai anche solo a pensare di concedersi al minorenne con gli ormoni in orbita incontrato all'inizio, che al massimo può fare da "fratellino").
Doppiaggio da dimenticare.