recensione diVincenzo Patanè
Il fiore delle mille e una notte
E' il terzo ed ultimo capitolo della "trilogia della vita", dopo Il Decameron e I racconti di Canterbury. In esso Pasolini esalta massimamente una spigliata gioia del narrare ed un pieno godimento della vita, con un sesso finalmente affrancato da ogni tradizione schiavizzante e dal senso frustrante del peccato.
Se già ne Il Decameron il regista aveva già sentito il bisogno di trasportare l'azione a Napoli - l'unico luogo in Italia, a suo parere, ancora schietto - qui si è allontanato del tutto dalla cultura occidentale, dove anche il sesso è entrato in una logica mercificata, ed ha girato in nazioni (come il Nepal, lo Yemen o l'Etiopia) lontane da ogni contaminazione. Come negli altri due film, inoltre, la maggior parte degli attori sono non professionisti, in linea con la spontaneità popolare richiesta: un'umanità semplice e sorridente, dai volti fortemente espressivi (l'edizione italiana è stata all'uopo doppiata in un dialetto salentino).
Se il discorso appare per certi versi un po' datato - tanto che lo stesso regista abiurò la "trilogia" per addentrarsi negli orrori di Salò - il film è comunque è un'opera straordinaria. Grazie alla raffinata fotografia, ad una musica suggestiva e ad eleganti riferimenti figurativi, si ricrea magicamente l'atmosfera seducente de Le mille e una notte che in alcuni momenti raggiunge dei toni di altissima, commovente poesia (come nella favola di Aziz ed Aziza o nell'episodio di Yuhan e del ragazzo).
Qui ogni cosa appare pregna di un significato più denso e misterioso: da quello che è uno dei massimi libri di ogni tempo, Pasolini non ha mutuato infatti solo la struttura ad incastro della narrazione di Sherazade (qui assente) ma anche la profondità stratificata di lettura dei singoli racconti, come un'esplicita citazione avverte all'inizio: "La verità non è in un solo sogno, ma in molti sogni".
In questo Oriente mitico e simbolico, dove il sogno appare la chiave per entrare nell'essenza delle cose e dove tutto è possibile, ogni imbarazzo nei confronti del sesso è superato: una divertita visione di corpi nudi, soprattutto maschili (decisamente inusuali per l'epoca), libera finalmente l'eros in una totale, coinvolgente letizia.