recensione diDaniele Cenci
L'esule di Capri [1959]
L'esule di Capri è l'aristocratico poeta parigino Jacques d'Adelswaerd Fersen, rifugiatosi sull'isola mediterranea a seguito di uno scandalo omosessuale: destino condiviso con molti outsider dell'alta borghesia e della cultura europea, tra cui Oscar Wilde.
Sulla linea del grande Norman Douglas dei Biglietti da visita, Peyrefitte fonde l'enciclopedica erudizione delle sue pagine rosa (affollate da protagonisti eccentrici e straordinarie comparse di un mondo intellettuale irrimediabilmente perduto) col mitico bric-à-brac della pederastia interclassista e il trovarobato dell'estetismo decadente.
Una miscela agrodolce in cui episodi drammatici (come la parabola del potente capitano d'industria Friedrich Krupp, spinto dall'aggressione omofobica riservatagli in Germania a togliersi la vita) si accompagnano alle folli "mille e una notte" di Capri, dove un microcosmo libertario e anticonformista cercò di realizzare un Eden terrestre contro la barbarie dell'intolleranza e della guerra divampanti nel continente. Il romanzo uscì nel 1959 e venne subito tradotto da Longanesi.
Questa nuova edizione della raffinata casa caprese La Conchiglia, corredata di un'appendice iconografica, vede la luce a pochi anni dalla morte di Peyrefitte (1907-2000) e dalla acquisizione pubblica di Villa Lysis, strappata al pluridecennale degrado seguito alla scomparsa di Fersen, che in questa sua incantata dimora volle suicidarsi nel 1923.