recensione diDaniele Cenci
Più lue padre
Un viaggio nella memoria della nostra epoca in cui, con sguardo lucido - brutale nella sua ansia di verità, intenerito di fronte all'inesorabile volgere del tempo -, il poeta scava nel passato della sua famiglia e del nostro paese alla ricerca della propria identità: sforzandosi di conciliare l'impegno intellettuale con la naturalezza del desiderio omosessuale, auspicando che tutti possano mostrarsi liberi di esprimere "le scoperte, le emozioni, le fuggevoli attrazioni senza per questo sentirsi classificati o etichettati definitivamente".
Nella prima parte, un'autobiografia di rara bellezza che è anche una superba lezione di storia, dopo l'analisi del "Caino sociale - Edipo singolare" e del fascismo, ci coinvolgono le feroci lettere al padre, militare internato in Germania: esistono dei momenti della civiltà umana, come le derive totalitarie e la follia genocida, che sembrano destinati "a non finire mai, in quanto i loro effetti continuano ineluttabilmente come cerchi nell'acqua a riprodursi e a riproporsi".
La seconda parte, tra "Gay Pride e catechismi", contrappone all'odio sessuofobico del fondamentalismo religioso un pacato e vibrante discorso libertario, in stretto dialogo con l'amico Piero e tutta una serie di "santini laici" (tra cui l'insuperato Leopardi).