recensione di Giulio Verdi
Eda contro Etta
A chi pensa che la televisione sia un ecosistema più brutale di un duello fra drag queen, più tenebroso di una dark room, più disonesto di un profilo su Grindr: avete ragione. Se lo dice Peppi Nocera, autore di praticamente ogni programma caro al pubblico gay italiano da Non è la RAI a Bake Off Italia, c’è da fidarsi.
La presentatrice morta si chiama Eda Dolci, e riunisce (be’, riuniva) in sé la poliedricità spensierata di Loretta Goggi, le sane abitudini di Rosanna Lambertucci, lo charme centritalico di Donatella Raffai… ma anche i sorrisi falsamente compassionevoli di Barbara D’Urso, la pervicacia un po’ burina di Simona Ventura, l’affettazione pariolina di Barbara Palombelli. E forse anche la truce ambizione e l’arrivismo di… inutile fare nomi, tanto basta accendere l’apparecchio su qualsiasi canale quand’è passato mezzogiorno.
L’opera di Nocera inizia come un novello Satyricon ambientato nella Roma Bene, tra domestiche arraffone, checche irritabili d’oltreoceano e mariti segretamente innamorati dell’amante – uomo – della moglie, e poi va a finire come un vero e proprio romanzo giallo con una serie di vendette catodiche incrociate e colpi bassi (ma anche qualche occasionale pene a pompetta e video di orsi su Gaytube): anche se l’autore qua e là si schermisce, scrivendo che la soluzione sarà tutt’altro che sbalorditiva, in realtà c’è di che gioire per le portinaie pettegole a cui il romanzo è dedicato.
Nelle pagine del libro, Eva contro Eva si trasforma in Eda contro Etta: Etta Benetti è una misteriosa amica di Eda che arriva di corsa da un’isola greca all’aeroporto di Fiumicino quando Eda muore, e che a lei piano piano si sostituisce nel lavoro come nella vita privata, ereditando la conduzione del polpettone pomeridiano È la vita e le corna. Etta Benetti ora vanta amicizie altolocate, da Nancy Reagan a banchieri svizzeri, ma ama mitizzare la propria infanzia vissuta da povera orfanella in un brefotrofio argentino. Etta Benetti era una ragazza sbandata qualunque, poi una starlet qualunque con dei problemi di droga qualunque, ma ora ha un volto talmente affabile e familiare che il pubblico la premia con ascolti senza precedenti. Ma c’è qualcosa che non torna, e l’enigma non può che dipanarsi su un balcone a Ravello, località cafonal-televisiva per eccellenza.
La prosa di Nocera diverte anche quando il filo sembra perdersi un po’ per la strada, ma il naufragare è dolce in questo mare di pagine che grondano omosessualità: un sapiente pastiche lessicale (si passa con agilità dal romanaccio al greco) e una padronanza assoluta dei momenti descrittivi (su tutti il doppio sogno lesbico con Giuni Russo in sottofondo) assicurano il divertimento dalla prima all’ultima parola.