recensione diMauro Fratta
My Lives
Scelta curiosa, White, che di solito rende non dico epica e trasfigurata, ma perlomeno poetica e invidiabile la sua vita tra viaggi, amicizie, amanti, New York, Roma, Parigi e vacanze goderecce a Fire Island, qui sembra determinato a ritrarsi nella maniera più dimessa e meno accattivante che gli riesca: non perde occasione di ricordarci quanto fosse inadeguato da piccolo, fisicamente sgraziato da grande, sessualmente vorace ma sentimentalmente confuso, pieno di mende caratteriali, con una cultura zoppicante, goffo nell'apprendere le lingue e inetto nel parlarle, pieno di parenti orribili e di conoscenti squilibrati; non so se lo faccia per understatement, civetteria o spirito di autoflagellazione: certo è che alla lunga l'insistenza su pochezze, difetti e bizzarrie appesantisce parecchio la narrazione. Ciò che invece rimane costante nella prosa del Nostro è il suo gusto per il ritratto succoso e satirico: temo che, amante qual è della letteratura francese, gli piacerebbe imitarne certe caricature in punta di penna, che però in White trasudano a volte acredini assai poco parigine. Certi personaggi, come l’antiquario e collezionista Jacques Guérin, sono dipinti con un'acidità degna di miglior causa, soprattutto se si pensa che l'autore americano lo conobbe vecchissimo e lo sbeffeggia da morto (ma in ciò egli è recidivo: lo fece altrove anche con Glenway Wescott, il quale oltretutto, visto che il mondo è piccolo, con Guérin ebbe una relazione alla fine degli anni Venti); e, se si pensa che il Nostro ha frequentato gente assai più famosa e influente di tanta qui messa in burla o in luce meschina, sorge pure qualche dubbio sul suo coraggio: ma d'altronde il libro è il suo, e vi può descrivere o demolire chi meglio gli piace.
Lo spirito penitenziale investe perfino il lato intellettuale di White: sarà veridico o sarà esagerato quel che riferisce sulla sua cultura piena d’imparaticci, di buchi e di toppe? Ho la sensazione tuttavia che quanto racconta sui suoi studî universitarî sia realistico: laurearsi in cinese senza sapere il cinese negli atenei americani, da quel che leggo, è normale ancor oggi; e noi, che delle scemenze altrui sappiamo farci ottime scimmie, una riforma scolastica dopo l’altra siamo sulla buona strada per arrivare agli stessi risultati anche in Italia.
Libro un po’ confuso, speziato e godibile a tratti, noiosetto in certe parti, non direi che sia tra i migliori di Edmund White; ma, come tutte le sue opere, si legge con scioltezza e nel complesso lo si può apprezzare.