My lives

5 novembre 2007, "Pride", giugno 2007.

Come negli altri suoi libri, anche in questo My Lives Edmund White parla soprattutto di sé, ma lo fa in maniera nuova tanto da riservare non poche sorprese anche ai suoi lettori più affezionati, abituati alle sue originali forme di autobiografia.

Scomparsa ogni mediazione romanzesca, qui White si racconta con una sincerità inedita fino alle emozioni e alle esperienze più indicibili sperimentando una nuova pratica della scrittura autobiografica e intrecciando in maniera inedita e personale il suo percorso esistenziale con i mutamenti della Storia, della cultura e della società.

E' un tipo di letteratura che ricorda un po' quella di Marcel Proust, non a caso uno scrittore molto amato da White, ma le esperienze personali, alla base dell'analisi e della rappresentazione del suo mondo e del suo tempo, procedono qui con una schiettezza, un senso dell'ironia e dell'autoironia, una spregiudicatezza e un pragmatismo che Proust, intrappolato nei suoi complessi e nella sua cultura, non poteva avere.

Le sue vite, al plurale, White le racconta a partire dalle persone che sono state importanti per lui, a cominciare dai suoi analisti, a cui è dedicato il primo capitolo, per proseguire nei capitoli successivi con le figure di suo padre e di sua madre, delle sue marchette, delle sue donne, della sua Europa, del suo master,, dei suoi amanti (I miei biondi ), del suo Genet, dei suoi amici.

Cavia domestica di sua madre, che era psicologa, White racconta, con ironia e disincanto, la sua adolescenza infelice nella provincia americana degli anni Cinquanta alle prese con le sue prime marchette e con qualche goffa esperienza eterosessuale, ma soprattutto con la tenacia e l'impegno dei suoi analisti nel volerlo fare diventare eterosessuale, fino a quando, a metà anni Settanta non scatta finalmente il ribaltamento delle regole del gioco imposte fino ad allora: "ormai volevo essere un gay felice, anziché un omosessuale riabilitato".

E' la scoperta del "ghetto gay", straordinaria e insostituibile scuola di vita " per le sue occasioni di sesso, la sua ironia dissacrante, la sua storia confusa, la sua cultura a tratti gloriosa e a tratti aggressiva".

L'analisi lo interesserà ancora, perché l'emancipazione dagli strizzacervelli che ti hanno accompagnato per una vita può essere deludente come il silenzio e la solitudine che seguono la rottura definitiva con un amante ostinatamente geloso, ma sarà di tutt'altro genere e non sarà fatta di vaneggiamenti indecifrabili o di pericolose falsità come tanta psicoanalisi di successo.

Le pagine dedicate al padre e alla madre sono tra le più belle e intense mai scritte sulla famiglia da un figlio omosessuale che sente di essere amato, ma sa che si tratta di un amore senza comprensione e tuttavia ha la consapevolezza di assomigliare troppo a sua madre per arrogarsi il diritto di giudicarla.

Della madre dice ad un certo punto: "Quando alla fine accettò il fatto che fossi uno scrittore gay, cominciò a dire: 'Sei diventato un vero portavoce del tuo popolo'. I gay erano una tribù, e li stavo guidando verso la Terra Promessa". "Solo io, commenta White, sapevo che ero troppo egocentrico, accentratore, terrorizzato dal fallimento, dalla mediocrità e dalla povertà per potermi permettere il lusso di 'aiutare il mio popolo' ". Eppure io credo che la madre abbia in qualche modo avuto ragione. White non è la guida del popolo gay verso una qualche Terra Promessa, ma è stato sicuramente per molti anni, anche nei momenti terribili del dramma dell'Aids, e continua ad essere oggi, la coscienza critica della comunità gay, un punto di riferimento imprescindibile per chi crede nell'importanza della cultura gay e per chi ama la Letteratura.

Come e più che negli altri suoi libri, anche qui White parla molto di sesso, in particolare nei capitoli dedicati alle sue marchette e al suo master fino ad addentrarsi in situazioni e in particolari decisamente hard, ma egli non è uno scrittore pornografico. Anche le situazioni più scabrose sono rappresentate con straordinaria leggerezza e quando si accorge di correre il rischio di scivolare in situazioni da porno seriale, trova sempre il modo di "elevare il livello". Così nella rappresentazione delle esperienze e delle fantasie sadomasochiste, se la drammatizzazione del rapporto servo-padrone sta per farsi imbarazzante, c'è un cambiamento di prospettiva ed è come se lo scrittore si guardasse dall'esterno, riuscendo in questo modo, senza nulla togliere alla serietà del rito sadomaso e al piacere che se ne può ricavare, a cogliere l'aspetto ironico della situazione.

Il sesso è meno presente nella rappresentazione delle relazioni stabili, dove prevale la complicità, la condivisione, l'amore-stima, il bisogno di inventare modalità di vita in comune, perché, aggiunge White ironico, "non sapevamo come funzionassero le cose in una coppia di uomini" e "come ogni coppia sposata che si rispetti, non facevamo sesso, ma eravamo molto affettuosi".

Nonostante sia uno scrittore cult per tanti gay, molti libri di White non sono ancora tradotti in Italia forse perché la sua rappresentazione della realtà gay è caratterizzata da una schiettezza e da un realismo un po' ostici per l'editoria italiana, ma è possibile che questo My Lives segni una inversione di tendenza perché Playground annuncia la pubblicazione di altri suoi due libri. Ce ne rallegriamo perché ogni libro di White costituisce sempre un passo in avanti nel processo di liberazione e di acquisizione di autostima per tutta la comunità gay.

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