recensione di Mauro Giori
Quel venerdì maledetto, in piscina...
Forse non tutti sanno che Pierce Brosnan, icona della virilità quanto basta a fargli incarnare James Bond dal 1995 al 2002, esordì al cinema come adescatore da piscina di uomini più maturi. O quasi. In realtà la sua parte era quella di un terrorista che fingeva di voler sedurre un mafioso per eliminarlo. Un mafioso che aveva fatto uno sgarro all’Ira. Ci andava di mezzo il povero Bob Hoskins, che prima di fare l’idraulico della Nintendo faceva il boss londinese che speculava sulle future olimpiadi. Solo che per arrivarci doveva fare a fette il didietro di uno spacciatore…
Si potrebbe continuare ad aggrovigliare la vicenda, che è narrata più o meno così, con un intreccio piuttosto elaborato in cui solo tardi si possono collocare tutti i tasselli al posto giusto. Allora il vero personaggio omosessuale del film assume il suo ruolo centrale, senza farci proprio una gran figura, perché si rivela all’origine di tutto il trambusto per una questione di banale avidità. Ad ogni modo non si vedeva tutti i giorni al cinema un piacente mafioso gay che seduce apertamente ragazzi in un pub e in piscina. E che lo fa alla luce del sole, poiché tutti sanno dei suoi gusti (tanto che i suoi nemici ne approfittano per fargli l'imboscata). Senza contare che è addirittura il braccio destro e il collaboratore più fidato di un grande gangster. Al quale, peraltro, della sua omosessualità non importa proprio niente, come non importa niente che lo sappiano tutti. Più convenzionale è il fatto che muoia già nella terza scena…
Il film è, come dire, molto anni Ottanta, a partire dalle musiche, e molto classico, però sufficientemente solido da poter intrattenere ancora (e anche, a tratti almeno, intrigare) un suo pubblico.