recensione diMarco Valchera
L'uomo che ama
Roberto (un Pierfrancesco Favino continuamente sotto la doccia) vive la sua grigia esistenza tra la farmacia nella quale lavora e l’amore: quello tormentato per la vicedirettrice di un albergo Sara e quello ormai sbiadito, dopo tre anni, per la gallerista Alba. Tutto qui: aggiungiamoci un fratello gay con lavoro precario che vive con il suo fidanzato, studente universitario, dopo aver fatto coming out nella famiglia più comprensiva del mondo e aver affrontato un’operazione rischiosissima al cuore. Sullo sfondo di una Torino appena accennata e con interventi musicali opera di Carmen Consoli, la pellicola di Maria Sole Tognazzi, scritta in collaborazione con Ivan Cotroneo, è riassumibile in queste poche righe.
Diciamolo subito: il meccanismo di incastro dei piani cronologici delle vicende è l’unico guizzo interessante di un melodramma altrimenti piatto, estremamente noioso, nel quale neppure temi importanti (l’abbandono, la malattia, il coming out in famiglia) riescono ad intaccare la spessa patina di sentimenti borghesi “tormentati”. Non un film sbagliato, ma una pellicola tediosa, nella quale i momenti più divertenti e autentici sono quelli delle riunioni in famiglia in una casetta sul lago, soffocati, però, dalle numerose perle filosofiche sull’amore snocciolate da un po’ tutti i personaggi, in particolar modo dalla gestrice della farmacia, abbandonata in tutto segreto dal marito dopo anni di matrimonio. Da un titolo così diretto ci si aspetterebbe anche della vera passione, ma, sulla scia dell’italianità, il sesso è quasi del tutto assente. E, forse, data l’imbarazzante performance della Bellucci, divorata da una ben più convincente Rappoport, è meglio così.