recensione di Marco Valchera
Ballo di famiglia
Opera prima di David Leavitt, Ballo di famiglia è una raccolta di nove racconti in cui a farla da padrone sono due temi chiave: la famiglia americana piccolo e medio borghese degli anni Ottanta e l’omosessualità. Nel primo bel racconto, Territorio, il protagonista, Neil, decide di portare a casa il suo fidanzato Wayne per presentarlo alla madre: una donna, Mrs. Campbell, che ha sempre supportato il figlio, partecipando anche a un pride, ma che, ora, di fronte al compagno in carne e ossa, sente il suo mondo di certezze sgretolarsi pian piano. In Il cottage perduto, il matrimonio finito dei genitori sconvolge le vite dei tre figli adulti, tra cui il gay Mark, che cercano di ricostituire il nido pascoliano nel piccolo cottage sul mare in cui hanno trascorso tutte le estati passate, ma con scarsi risultati. L’aspetto interessante di Ballo di famiglia è la totale accettazione dell’omosessualità da parte di famiglie e amici: l’unico caso contrario è nel racconto finale, Devota, in cui uno dei due ragazzi omosessuali ha paura di fare coming out poiché l’ambiente aristocratico a cui appartiene – e le sue stesse idee – è conservatore, ma, intanto, vive la sua tormentata e irritante relazione con Andrew. Leavitt, al contrario di molti scrittori che rappresentano l’omosessualità di quegli anni, tralascia completamente il tema dell’AIDS e questo gioca a suo favore, perché gli permette di intraprendere altre strade per raccontarci – dato anche il suo coming out di poco precedente la pubblicazione del libro – cosa significhi essere gay senza necessariamente affrontare la tragedia della malattia.
Malattia che, però, è ben presente in alcuni racconti di Ballo di famiglia. Il cancro, infatti, colpisce più di una mater familias e Leavitt, soprattutto a causa della morte del proprio genitore, riesce in Contando i mesi a toccare le corde della commozione nella storia di una madre alla quale erano stati dati pochi mesi di vita e che, invece, ha superato questa “scadenza” ed è in attesa di iniziare la chemioterapia, sentendo sorgere dentro di sé il terrore di non sapere più quanto le resta da vivere. Nel brevissimo Radiazioni il punto di vista passa ai figli ancora piccoli che osservano la madre attendere la terapia e si arrendono alla paura di perdere la figura centrale della loro esistenza.
La scrittura di Leavitt è sempre efficace e priva di fronzoli e Ballo di famiglia è un’ottima opera prima che, però, data la ripetitività di certi situazioni e temi, può alla lunga stancare, soprattutto nella seconda parte, anche se i primi racconti sono una perla rara del genere.