De flores y esmeraldas, en las frescas mañanas escogidas, haremos las guirnaldas en tu amor florecidas…

18 luglio 2016

Nell'abbondante produzione romanzesca di Alex Sanchez, in cui si alternano libri pregevoli ad altri malriusciti, quest'opera, che a mio avviso si colloca fra le sue migliori, corre il rischio di risultare la più lontana dal gusto e dell'esperienza del lettore italiano; sebbene infatti sia incentrata su d'un tema, il rapporto tra omofobia e religione, che è urgente anche alle nostre latitudini come in gran parte del mondo, la maniera in cui tale argomento è sviluppato presenta fortissime peculiarità statunitensi. Quasi tutti i personaggi sono studenti di origine messicana che frequantano una scuola superiore in un paesotto del Texas. Nella mia ingenuità credevo che i messicani (a parte qualche sporadica eccezione, e a parte, ovviamente, gli atei) appartenessero in massa alla Chiesa cattolica; da qui scopro invece che ce ne sono moltissimi di protestanti: tutti i personaggi del libro, perlomeno, appartengono a diversi gruppi che, nella migliore tradizione americana, non si rifanno a un'ortodossia stabilita, bensì all'afflato carismatico di questo o quel pastore: al posto di scegliere il direttore spirituale in base al proprio carattere, quivi si sceglie direttamente la religione, e si passa con una certa disinvoltura da una all'altra. Nella scuola c'è invece un gruppo biblico: ciascuno dei suoi membri propone un brano, e poi a turno lo si commenta. Leggere queste dispute fa un po’ ridere, perché da questa parte dell’Atlantico siamo persuasi, non importa se cattolici, ortodossi o riformati, che le dispute di teologia siano appunto affare da teologi, e che per occuparsi ex professo della Bibbia occorra perlomeno un’infarinatura di ebraico, greco, latino e patristica. In Texas, benché texani, fanno alla garibaldina: si legge un brano e poi se ne tenta l’esegesi a suon di citazioni di altri versetti a rincalzo della propria interpretazione. Ma Sanchez in realtà è più sottile di ciò che pare a primo acchito, perché mostra benissimo come l’ermeneutica dei ragazzi teologicamente liberal sia molto più scaltrita e duttile di quella dei conservatori e rassomigli più a quella degli ebrei, dei cattolici o degli stessi protestanti legati alle Chiese più antiche, rispetto all’interpretazione ingenua, grossolana e letteralistica dei fondamentalisti, i quali finiscono per impantanarsi da soli fra cento aporie non potendo conciliare dettami scritturali in evidente contrasto reciproco tramite un’esegesi allegorica, storicistica o linguistica. A quest’elemento “biblico” se ne aggiunge anche uno più propriamente spirituale, perché il protagonista vive un processo di chiarificazione religiosa parallelamente a quello culturale, che lo conduce ad accettare la propria omosessualità e il proprio amore (ricambiato) per il suo nuovo amico bello, disinvolto e openly gay, integrandoli con una decisa maturazione religiosa: e si tratta di accettazione e di vita gay piena, non di quel brodino di “rispetto” e “amore” per gli omosessuali purché non facciano i gay e se ne stiano belli zitti e nascosti e addolorati, che sono bravi a predicare tutti, dai vescovi nostrani ai reverendi della Bible Belt. Neanche mancano i momenti classici dell’oscurità, dell’aridità e della “notte oscura dell’anima”, familiari a chi abbia qualche frequentazione di letteratura mistica. E il piccolo miracolo che compie l’autore sta non solo nell’intrecciare con naturalezza questi temi complessi e impegnativi col naturale fluire delle vicende narrate, alcune anche molto drammatiche, ma soprattutto nell’esprimerli con semplicità, brio e nitore, evitando con cura sia di scadere nel didascalico, sia di annoiare o di sonare superficiale. Certo, a noi che siamo imbevuti di poesia ed arti figurative in cui soprattutto la spiritualità francescana e quella gesuita nei secoli hanno posto in rilievo l’umanità sofferente di Cristo, la sua κένωσις, e l’evidenza sensibile degli episodî evangelici, questo Gesù sempre invocato dai personaggi eppure così evanescente nei suoi tratti fisici pare davvero un nume distante, più simile, tutt’al più, al Dio del Vecchio Testamento e del Corano che al Gesù familiare a noi. Eppure questa innegabile distanza culturale non impedisce di godere di questa storia e di provare molta empatia per i suoi personaggi. Essendo diretta principalmente a lettori giovanissimi, l’opera, come tutte quelle di Sanchez, è caratterizzata da uno stile dimesso, a tratti anche gracile, ma nonostante ciò mai sciatto, sicché la scrittura, nella sua semplicità, sa rendersi sempre accattivante e tenere avvinto alla pagina chi legge. L’autore, insomma, come negli altri suoi romanzi meglio riusciti si conferma non un grande della letteratura, ma un narratore interessante sì, di quelli che hanno cose importanti da dire, e le esprimono con garbo, con gusto e con efficacia.
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