recensione diMarco Valchera
Divorare il cielo
“Non si finisce mai di conoscere qualcuno… Sarebbe meglio non iniziare affatto”: queste sono le parole che la nonna rivolge alla protagonista di Divorare il cielo, mentre, immersa in una piscina, vive la sua impulsività da diciottenne.
Nel caso di Teresa, quelle parole così poi a lungo meditate si riaffacciano nel finale del romanzo, quando, ormai diventata donna, si ritrova a dover fare i conti con la sua esistenza, che è sempre gravitata intorno a Bern. Bern – Bernardo – il giovane dagli occhi nerissimi, un po’ vicini, uno di “quelli della masseria”, che Teresa conosce durante le vacanze estive che la portano a Speziale, in Puglia, dalla fredda Torino. Un amore estivo che, però, non la abbandonerà e che la spingerà a tante scelte avventate e agli antipodi della mentalità borghese dei suoi genitori: una fra tutte, interrompere gli studi universitari per trasferirsi nella masseria in cui hanno vissuto Bern, Nicola (il cugino) e Tommaso, fratelli non di sangue ma di fatto, cresciuti da Cesare a pane e Bibbia. Il rapporto simbiotico fra i tre ragazzi si spezza con la maturità e le scelte di vita: Bern e Tommaso fonderanno nella masseria una specie di comune in cui tutto è coltivato naturalmente senza l’uso di pesticidi o diserbanti, mentre Nicola diventerà poliziotto con il vizio della cocaina. La tematica ecologica diventerà una vera ossessione per Bern, già novello Cosimo calviniano, tanto da spingerlo nelle braccia di Danco e delle sue teorie complottistiche e ambientaliste: sarà proprio il tentativo di difendere dalle ruspe alcuni ulivi malati nel relais in cui lavora Tommaso a cambiare per sempre le esistenze di tutti i giovani.
La totalità del desiderio di amore dei personaggi, che li spinge a “divorare il cielo” alla ricerca di realizzare ciò che più profondamente li anima, è la molla da cui scaturiscono le tante vicende e storie che si intrecciano nella narrazione sotto una regia infallibile: mai come in questo romanzo la penna di Giordano ha saputo raffigurare la malinconia e la gioia del cuore, dal tormento di dover nascondere i propri sentimenti e la propria natura, come nel caso di Tommaso, al temere di non conoscere mai la persona che si ama o alla paura di capire che c’è qualcosa in noi che non funziona come dovrebbe. Nonostante i numerosi cambi di scenario (da Speziale a Kiev fino all’Islanda) e i continui ostacoli, Bern e Teresa non smetteranno mai di amarsi ma la loro favola idillico-pastorale dovrà inesorabilmente scontrarsi con la crudeltà della realtà e con la “prepotenza delle stagioni”.