recensione di Marco Valchera
What/If
Per i fan come me di Revenge, la notizia di una nuova serie tv creata dallo stesso sceneggiatore, Mike Kelley, con una perfida Renée Zellwegger serviva a riempire quel vuoto da guilty pleasure che le vicende di Emily Thorne, a volte con il loro innato trash a volte con sottile ironia, avevano lasciato. C’è poco che possa soddisfare in What/If, nonostante il voluto effetto revival: la Zellwegger non è infida come la Victoria Grayson di Madeleine Stowe, sebbene condividano probabilmente lo stesso chirurgo plastico che ne ha limitato le espressioni facciali, né il ritorno di Gabriel Mann che interpreta un nuovo Nolan, ma questa volta etero, riescono a cogliere nel segno.
Benché la serie sia composta di soli dieci episodi, la noia regna sovrana forse perché i tre fili narrativi sono talmente slegati l’uno dall’altro da creare l’aspettativa, alla fine disillusa, che prima o poi si riuniscano. Da un lato abbiamo – o meglio dovremmo avere – la storia principale, un ménage à trois tra la coppia di sposini protagonista e la ricchissima Crudelia Demon (la Zellwegger) che propone alla donna di finanziare la sua rivoluzionaria scoperta farmaceutica in cambio di una notte con l’avvenente marito; poi abbiamo la storia paradossale della coppia di amici di colore che si trova, anch’essa, coinvolta in un ménage a causa del tradimento della moglie con il suo capo chirurgo fino a un finale pulp; infine trova spazio la coppia gay costituita dal fratello ispanico della protagonista e dal suo ragazzo di colore. Nel tentativo di creare un quadro sociale il più politically correct possibile, gli sceneggiatori hanno ottenuto l’effetto opposto: gli attori sono tutti bellissimi, palestrati, simili a divi (Jane Levy sembra la gemella di Emma Stone), irreali, con, in alcuni casi, scarse capacità recitative e, soprattutto, costretti a scene al limite dell’imbarazzante.
Si prenda la puntata in cui uno dei due gay assume insieme all’amante dei funghetti allucinogeni in una tenda da campeggio in casa oppure l’intero episodio dedicato alla riunione di classe: in quei momenti kitsch mi è tornato alla mente Revenge ma solo nel personaggio di Louise-Ellis con la sua storia nonsense e le sue smorfie, il peggiore che la serie abbia mai prodotto. Ci si ritrova, insomma, a mandare avanti numerose scene proprio perché poco interessanti, nonostante di carne al fuoco ce ne sia per creare una soap accattivante: soldi, sesso, violenza, omicidi, intrighi etc… Renée ci mette la faccia – o quel che ne rimane – nel dare vita alla versione anni Duemila di Proposta indecente e le due protagoniste ci scherzano anche su ma, appena la nostra scompare dalle scene sostituita o dall’altro “cattivone” (un invecchiatissimo Dave Annable, il fratellino drogato di Brothers & Sisters) o da niente altro (la monocorde storia della coppia gay), è faticoso rimanere attenti.
Peccato perché negli ambienti tirati a lucido e patinatissimi e nella fitta rete di imbrogli ci si augura sempre la ricomparsa fugace di Victoria Grayson sulla sua splendida poltrona.