Occhiali d'oro, Gli (1958)

Gli occhiali d'oro fu pubblicato in origine nel 1958, presso Einaudi.

I protagonisti principali sono due: l'Io narrante che per molti viene considerato il vero protagonista, cioè un giovane studente di lettere che pendola, insieme ad altri ragazzi, tra Ferrara e Bologna, figlio di una delle tante famiglie ebree e borghesi di Ferrara, con un padre che crede nel fascismo - in quello "buono" - e il dottor Fadigati, un otorinolaringoiatra che è arrivato in città verso il '19, alla fine della prima guerra mondiale, da Venezia.

Fadigati viene accolto con simpatia, i suoi modi cortesi e la sua generosità con i pazienti poveri lo rendono interessante e gradevole. Il luccichio dei suoi occhiali d'oro, i vestiti di lana inglese e persino la pinguedine rassicurano e inspirano benevolenza.
Presto i cittadini di Ferrara faranno a gara per frequentare il suo ambulatorio privato, in cui belle e giovani segretarie si susseguono, e ottimi quadri di pittori moderni sono appesi nella pareti delle varie stanze: un lusso tutto quello spazio, quei quadri e quella gentilezza ben distribuita a tutti, e che lungi dall'imbarazzare quasi lusinga.

Contemporaneamente dirige il reparto della sua specializzazione presso l'ospedale della città. Insomma, un uomo di successo.
Di insolito c'è soltanto che evidentemente provvede da solo a cucinare i propri pasti, invece di frequentare le trattorie come gli altri scapoli della città, e poi al cinema si siede in platea invece che in galleria, come quelli della sua classe sociale.
Inoltre, passando gli anni, avendo raggiunto i quaranta ormai, non piace che non si sposi, lui che potrebbe offrire così tanto ad una donna!

Il suo comportamento generale, però, continua ad essere impeccabile, ha persino la tessera del fascio anche se si definisce "apolitico per natura".
Soltanto dopo dieci anni dal suo arrivo in città cominceranno a circolare voci che in un certo senso spiegheranno le poche stranezze. Si dirà che lui è... e non viene neanche pronunciata la parola.
Insomma, il Fadigati ha il vizio, conduce in realtà una doppia vita. Ma con chi e come, nessuno ha vere prove per poterlo affermare.
Il dottore, del resto, continua ad avere una condotta ineccepibile, che favorisce la tolleranza e dà la garanzia che il suo erotismo verrà espresso soltanto entro i confini della decenza.

Il narratore e Fadigati si conosceranno quando, nel 1936, anche il Fadigati comincerà un paio di volte a settimana a salire su quel treno per Bologna, e dopo qualche tempo preferirà viaggiare nella loro carrozza, di terza classe, invece che in quella di seconda classe dove inevitabilmente starebbe da solo.

Nel gruppetto di ragazzi, che il dottore conosce fin dall'infanzia, c'è anche Deliliers, il ragazzo piú ammirato nella compagnia, modello di eleganza e di esperienza, il quale inizialmente ignora Fadigati ma presto comincerà a provocarlo, offendendolo anche, alludendo volgarmente alla sua sessualità omosessuale.


Un giorno, a Bologna, il gruppetto più unito si reca in una pasticceria per far trascorrere il tempo che manca alla partenza per Ferrara, e si accorge che nel locale, insieme a un gruppo di studenti più maturi, occupati a mangiare un gelato al tavolo, c'è Deliliers, e accanto a lui, di spalle,un signore attempato.

"Stava lì, col cappello in testa, le mani raccolte sul pomo del bastone, senza prendere niente. Aspettava. Come un padre dal cuore tenero, il quale abbia acconsentito a pagare il gelato a un branco di figli e nipotini turbolenti, e attenda in silenzio, un po' vergognoso, che i cari marmocchi abbiano finito di leccare e succhiare a loro piacere, per poi, più tardi, portarseli a casa...

Quel signore era il dottor Fadigati, naturalmente."

Finché, arrivata l'estate e andando il narratore come molti ferraresi in vacanza a Riccione, scopre che il pettegolezzo che riempie le giornate dei bagnanti, riguarda Fadigati e Deliliers. Insieme, i due hanno soggiornato in vari alberghi della costa, muovendosi in una rossa Alfa Romeo che il Delilier fa ruggire guidandola, dormendo nella stessa stanza e mangiando allo stesso tavolo.

"Gli sposini" vengono chiamati, specialmente dalla signora Lavezzoli, che rappresenta il buon senso e il senso del pudore oltraggiati della spiaggia e della Ferrara benpensante. Spiaggia in cui tra l'altro anche il Duce si reca a fine settimana e dove si bagna tra gli evviva e i battimani.

Per i ferraresi della spiaggia il dottore è un vecchio sporcaccione, mentre Deliliers è soltanto un ragazzaccio che pigramente arriva in spiaggia due ore dopo il vecchio, con un elegante passo da belva, apparentemente infastidito dagli sguardi ma in realtà soddisfatto dell'ammirazione tanto degli uomini quanto delle donne.
A un certo punto, però, comincerà a fare giri in auto da solo, la sera, lasciando il Fadigati alla sua solitudine e all'imbarazzo della situazione. Infine lo abbandonerà completamente, prendendosi l'auto che già formalmente gli appartiene, i soldi e gli ori, lasciandogli il conto da pagare e un pugno in faccia che lo farà andare a terra davanti a tutti, creando uno scandalo nello scandalo.
Al Fadigati non resterà che finire immediatamente le vacanze e rientrare a Ferrara, dove abbastanza velocemente, i pazienti diventeranno sempre più radi e il conseguente disastro economico si profilerà all'orizzonte.
Di Deliliers, invece, si verrà presto a sapere che é felicemente a Parigi.

Intanto è già cominiciata la campagna denigratoria contro gli israeliti (come scrive Bassani) sui quotidiani italiani, con articoli che feriscono i patriottici (e persino fascisti) ebrei italiani.
Il narratore, rientrando anche lui, in autunno, a Ferrara (città abitata da molte famiglie ebree, più o meno benestanti, operose e in simbiosi con la città), teme per il futuro, e soprattuto comincia a sentirsi escluso e diverso, almeno quanto Fadigati.

I tempi sono disumani per ambedue. Ci sarà un ultimo casuale incontro, a tre, in una notte di nebbia, tra lui, il dottore e una cagna dalle mammelle piene di latte che sta seguendo il Fadigati spontaneamente, dopo aver ricevuto da lui una carezza.
Il dottore gli confida che dopo quanto è accaduto durante l'estate, non riesce più a tollerare se stesso, evita infatti persino di farsi la barba per non vedere la propria faccia allo specchio.
Il narratore (che è forse il vero protagonista del romanzo), ha sempre avuto rispetto per il dottore, e alla fine di quell'incontro lo invita a farsi sentire per telefono, nel prossimo futuro, per fare due chiacchiere e magari organizzare qualche gita insieme.
Da parte sua Fadigati sa bene sotto quale pressione gli ebrei italiani, e quindi il suo giovane interlocutore, sono sottoposti in quel momento. Gli augura quindi sinceramente buona fortuna, a lui e alla sua famiglia. Sembra quasi un addio, viene da pensare leggendo il capitolo.

Qualche tempo dopo Fadigati gli telefonerà e si metteranno d'accordo per un giro a Pontelagoscuro per vedere il Po, il sabato seguente, ma poi non telefonerà come promesso.
Il ragazzo leggerà, sul giornale del lunedì, di "un noto professionista ferrarese annegato".
Il fatto non viene presentato come un suicidio ma come una disgrazia, perché la retorica di quegli anni non permette a nessuno di uccidersi, neanche ad un vecchio "disonorato" come il Fadigati.
Le leggi razziali stanno per essere varate (1938).

Del libro è stato tratto un film, nel 1987, con la regia di Giuliano Montaldo, con Philippe Noiret nel ruolo di Fadigati e Rupert Everett nel ruolo del giovane amico ebreo.

Abbondanti notizie biografiche su Bassani e il suo lavoro, si trovano su
e su
L'edizione che ho a disposizione, dalla Biblioteca Centrale di Copenaghen, è degli Oscar Mondadori, del 1980, e ha una introduzione di Luigi Baldacci, che afferma:
Gli occhiali d'oro sono la parabola di una decadenza, di una progressiva "perdita dei diritti" documentata nella persona di un distinto professionista, e sono altresì l'apologo di una presa di coscienza civile da parte dell'Io narratore che, per ragioni diversissime ma analoghe, si vedrà anch'egli escluso dal consorzio delle persone che si possono salutare.
Il romanzo è dedicato a Mario Soldati.
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