recensione diLavinia Capogna
Lingua perduta delle gru, La.
Nel suo primo romanzo, La lingua perduta delle gru (The lost language of cranes), da alcuni critici assai discusso e che io invece ritengo il più bello di Leavitt, insieme a Eguali amori, lo scrittore racconta il "mondo gay" dei giovani agiati americani progressisti.
Molto bello è il personaggio di Jerene, una ragazza nera e lesbica, introspettiva e sensibile. Figlia adottiva di due coniugi neri, ricchi e reazionari, integratissimi nella società dei bianchi, sceglie di dichiararsi.
La sua sincerità sarà accolta in modo disumano dai genitori: un vero e proprio rifiuto con parole orrende a cui Jerene reagirà nell'unico modo possibile: partirà la sera stessa per New York, dove vive e studia e restituirà ai genitori tutti i soldi che le avevano dato.
Anni dopo incontra casualmente la madre e sopraffatta dall'emozione desidera abbracciarla e riconciliarsi con lei, ma la donna si mostra indifferente.
Un po' meglio, ma non troppo, è l'esito del coming out di Philip, amico carissimo di Jerene, con cui lei divide l'appartamento.
Philip con parole chiarissime ed accorate si dichiara ai genitori, Rose e Owen. Rose sarà la più severa tra i due: "Io non sono una donna senza pregiudizi", dice con rabbia e sconcerto. Owen invece a fatica e pieno di dolore mormora: "Io penso... io penso che sia o-kay", balbettando.
A New York, dopo alcuni amori fuggevoli e parecchi disinganni, Philip avrà una "romantica amicizia" con Brad, un ragazzo timido ed affascinante e Jerene andrà ad abitare con Laura, seguace dei cibi naturali e dei vestiti di lino, molto insicura di sé.
Il finale del romanzo è veramente bello e non posso raccontarlo perché rovinerei la lettura a chi desiderasse leggerlo.