recensione diFrancesco Gnerre
La doppia vita di Rimbaud
Partendo come sempre da sé e da un suo coinvolgimento personale, White racconta il suo impatto con il mito di Rimbaud all'età di sedici anni, nel 1956, quando vive in un collegio maschile nei pressi di Detroit: "Ero un adolescente gay infelice, soffocato dalla noia e dalla frustrazione sessuale e paralizzato dal disprezzo verso me stesso . Sognavo di fuggire a New York e di sfondare come scrittore; mi identificavo completamente nei desideri di Rimbaud: essere libero, farmi pubblicare, vivere la sessualità, andare a Parigi. Mi mancava solo il suo coraggio. E il suo genio".
Se a sedici anni, affascinato dalla leggenda del poeta vagabondo "dalle suole di vento", bello e sfrontato, che voleva reinventare l'amore, White sognava di essere come Rimbaud, ora, scrittore nel pieno della sua maturità, rilegge con distacco quel mito e in parte lo ridimensiona provando a cogliere le caratteristiche di una leggenda " incredibilmente duratura, contraddittoria e vasta". Ci racconta così, alla maniera sua, le epiche fughe da Charleville, i viaggi, spesso a piedi, a Parigi, a Milano, a Stoccarda, ad Amburgo, a Marsiglia, l'intransigente anticonformismo, lo scandalo nei salotti letterari parigini, l'esibizione di una sessualità per quei tempi inconcepibile, il rifiuto della civiltà clerico-borghese, la coraggiosa decisione di cambiare radicalmente la sua esistenza, ma anche il suo velleitarismo, i suoi fallimenti e le sue delusioni, le sue contraddizioni e le sue fragilità fino alla vergogna per i suoi trascorsi bohémien e ai tentativi di esibire con gli europei che incontra in Africa una rispettabilità che aveva tanto detestato.
Narratore realista, anche se di un realismo tutto personale, abituato a chiamare le cose con il loro nome senza mediazioni e simbolismi, White si confronta con il linguaggio spesso oscuro e visionario di Rimbaud, ne coglie le novità e l'effetto che avrà sulla letteratura successiva, rilegge con originalità i suoi versi più noti dal Battello ebbro alle Illuminazioni alla Stagione all'Inferno, ma è affascinato soprattutto dal rapporto di Rimbaud con Verlaine, a cui dedica pagine illuminanti.
La storia della prima coppia gay moderna della cultura occidentale (prima ancora di quella formata da Oscar Wilde e Lord Douglas) ci viene così raccontata con lo scrupolo dello studioso che non tralascia nessun particolare, anche i più impietosi e contraddittori, ma anche con la partecipazione e la passione di chi sente che quella storia ci appartiene.
Una delle caratteristiche della coppia che sembra interessare White è innanzitutto lo stravolgimento del cliché del modello classico della coppia adulto-giovane, tanto che "il titolo provvisorio di questo mio volume era proprio Rimbaud, l'adolescente attivo", dice lo scrittore. Dei due infatti il più forte, quello che conduce il gioco, non è l'adulto, Verlaine, la "vergine folle", pieno di contraddizioni, sempre in lotta tra una rispettabilità borghese e cattolica e le profondità spaventose ma emozionanti delle più estreme esperienze bohémien, ma il giovanissimo Rimbaud, lo "sposo infernale", spietato tiranno che escogita giochi sempre più crudeli, vero master di un rapporto sadomosochista.
Sarà comunque Verlaine, nonostante le umiliazioni, a restare fedele al suo "grande peccato radioso" e a contribuire in maniera determinante alla fama e alla nascita del mito del giovane poeta maledetto. Rimbaud al contrario non tornerà mai più indietro e a chi, negli ultimi anni della sua vita, gli chiede della sua carriera di poeta risponde sprezzante : "immondizia, solo immondizia".
Il tempo in cui aveva sognato di cambiare il mondo con la sua poesia è lontano. Gravemente malato, rimpiange soltanto la luce del sole e alla sorella che lo assiste negli ultimi dolorosi giorni della sua esistenza, ripete :"Io andrò sottoterra e tu camminerai al sole".