recensione diDaniele Cenci
Scritto sul corpo
Tratto da "Untold Stories" (2005), titolo identico al libro della Winterson, ecco l'educazione sentimentale - ricreata con stile ovattato e al contempo cristallino - di uno dei geni della drammaturgia inglese, noto per "La pazzia di Re Giorgio", "Nudi e crudi", "La cerimonia del massaggio". Scopriamo un giovanissimo Bennett stregato dagli spogliatoi, intento nella "furtiva mappatura" dell'incipiente virilità degli altri allievi; o, come in trance, assistere in piscina alle loro segrete tresche: incuriosito ma, a causa di uno sviluppo ritardato, ancora immune dalle scariche ormonali che possono spingere a partecipare a quell'invitante banchetto di corpi e di sesso. Poi, dopo la leva, lo ritroviamo che vagabonda a sera in ronde solitarie alla ricerca di un compagno per la vita. Ma per lunghe che siano, le rette del desiderio gli sembrano destinate a non incrociarsi mai: "gli esseri umani sono paralleli, mai convergenti - distinti, separati, ciascuno è cinto di mura e fossato, e così via all'infinito". E poi ecco il Bennett della prima maturità, timido, fossilizzato, topo di biblioteca, e la rivelazione degli scrittori gay e di tutto un mondo semi-clandestino di incontri, di sotterranee reti di solidarietà in una società ostile e sessuofobica intenta a bombardare l'involucro protettivo degli individui. Con un caustico aforisma finale: "del sesso, però, possiamo pensare di averne avuto meno di quanto ci spetta e contemporaneamente più di quanto meritiamo".