recensione di Francesco Gnerre
Troppi paradisi
Si conclude con questo romanzo la trilogia di Walter Siti, che mescolando insieme fatti reali e fiction, secondo una particolare forma di autobiografia che i critici classificano come autofiction, ci dà una rappresentazione inquietante dell'omosessualità e dell'intellettuale gay nell'epoca della civiltà dell'Immagine, dell'irrealtà e del post-tutto.
Come nei due romanzi precedenti (Scuola di nudo del 1994 e Un dolore normale del 1999) anche qui il protagonista è Walter Siti, da non confondere con il Siti reale anche se personaggio e autore sembrano confondersi, e come nei romanzi precedenti a dominare la scena è un io ipertrofico che chiama il lettore a condividere le sue ossessioni, i suoi fantasmi, la sua ricerca di Assoluto, la sua lettura del mondo.
"Campione di mediocrità" (ma si tratta di una autodefinizione che troviamo ad apertura di libro da non prendere sul serio, vista l'alta considerazione di sé che percorre tutto il romanzo), il personaggio, professore e scrittore come l'autore, vive nella prima parte del romanzo un rapporto "coniugale" con Sergio, un giovane che cerca di fare carriera nel sottobosco televisivo tra personaggi più o meno noti o alla ricerca disperata di notorietà. Quando la relazione si esaurisce (d'altronde Siti non ha mai dato credito ai "tentativi di fare passare l'omosessualità per una condizione normale") e Sergio va via da casa in un appartamento tutto per sé, entra in scena Marcello Moriconi, il culturista escort già protagonista del racconto Perché io volavo e il romanzo vira decisamente verso l'epopea della magnifica merce (cfr. "Pride", dicembre 2004).
Il mondo di Marcello è quello dei culturisti borgatari, maschilisti, omofobi, età mentale di quasi tutti intorno ai dodici anni, idee politiche zero, ma dai tatuaggi che esibiscono e dalle cose che dicono, che Siti registra e ricrea con sapiente perizia letteraria, appare evidente la loro simpatia per la destra, anche nelle manifestazioni più estreme. Vanno con gli uomini per soldi, ma questo non pare intaccare la loro "ideologia", il discrimine che pongono di solito è quello di essere solo attivi, ma anche in questo possono essere versatili, basta non essere considerati froci e in questo la loro rozza visione del mondo sembra coincidere con le più recenti teorie post-gay: " - C'è 'na confusione, ragazzi, ormai...tra trent'anni 'o pijeremo in culo tutti, e non passeremo manco pe' froci -".
Esponente di questo mondo, ma con una grazia e una ingenuità disarmanti, Marcello è l'angelo che il fango tocca ma non sporca, l'Immagine, il Mito, l'Assoluto. Egli "porta l'angelicità tra gli uomini", quando appare, come una donna del "dolce stil novo", "è vero che l'aria trema intorno a lui", e se si cimenta in più concreti giochi erotici, " è la Natura (è la montagna) che mi fa un pompino". Le sue parole, anche i più banali e rozzi intercalari, commuovono: "mi basta sentirlo dire "sticazzi" e mi viene da piangere". Il fatto che sniffa cocaina, che si prostituisce, che la sua compagnia ha prezzi sempre più alti, che lo costringono a quattro lavori, non intacca la venerazione di Siti: "Io non lo pago per le sue prestazioni, io lo ringrazio perché si degna di accettare il mio denaro". Arrivare a possedere Marcello equivale a "scopare Dio".
A questa trama narrativa di "fatti non accaduti", dove si incontrano anche persone note, facilmente riconoscibili anche se non sempre indicate con il loro cognome (attori, presentatori televisivi, scrittori, uomini politici), rappresentate con un gusto del pettegolezzo che a volte diventa astiosa maldicenza, si mescolano momenti saggistici di grande interesse sulla televisione, sul mondo accademico, sulla prostituzione maschile, sul consumismo e sulla cultura dell'Occidente, sulle realtà virtuali, sull'omosessualità.
Colpisce di queste analisi l'atteggiamento assertivo che esclude qualsiasi confronto e una spiazzante incoerenza tra le parole e le cose. Così, per esempio, sulla televisione Siti scrive pagine illuminanti di sociologia della comunicazione che però mal si conciliano - e non è l'unica contraddizione del nostro intellettuale- con il compiacimento di far parte del mondo dei Personaggi Televisivi e di lavorare egli stesso come ghost writer per programmi di televisione spazzatura.
Il mondo che criticamente denuncia, fatto di dominio delle merci, di narcisismo e di culto del corpo, di reality show e di potere dell'immagine è il mondo a cui egli stesso tragicamente appartiene e a cui si compiace di appartenere.
A partire da sé e dalle proprie fragilità il protagonista scava con coraggio e intelligenza nelle miserie e nelle contraddizioni dei nostri giorni, ma non convince la tesi di fondo su cui è costruita tutta la storia e che il Siti personaggio espone con la consueta perentorietà.
Partendo dal vecchio pregiudizio, fatto passare come scienza dalla psicoanalisi degli inizi del secolo scorso, secondo cui gli omosessuali sarebbero condizionati da sempre a desiderare non una persona ma un'immagine, la condizione omosessuale diventa per Siti "avanguardia dell'integrazione consumistica". "Maestri di recitazione, nell'epoca della recitazione universale. E maestri di regressione infantile, nell'epoca dell'infantilismo di massa", gli omosessuali sembrano così incarnare il peggio della cultura occidentale e le ossessioni del personaggio Siti, perso dietro le bellezze muscolose e sovrumane dei suoi escort, diventano esemplari e omologhe alle ossessioni dell'Occidente.
Tutto il libro è così percorso da una visione "tragica" e "perversa" dell'omosessualità che ha una illustre tradizione nella grande letteratura del Novecento, ma nella quale difficilmente i gay post-Stonewall possono riconoscersi.