Parata funebre delle rose

18 luglio 2012

Il trailer lo presenta come una “parodia moderna” dell’Edipo Re sfruttandone in parallelo il potenziale scandalistico legato al fatto di rappresentare il sottomondo gay, una novità per il cinema giapponese. “Con sette gay veri”, strilla una didascalia. In realtà il film si concentra prevalentemente sulle vicende di una sua sottocategoria molto particolare, quella dei giovani travestiti che intrattengono i clienti di un locale, ma il film non va troppo per il sottile e non si pone il problema di fare distinzioni. Gli basta “mostrare l’autentica perversione sessuale”, come esclama un’altra didascalia del trailer.

Ma Bara no soretsu non è un semplice film di exploitation, bensì un affascinante prodotto dell’underground, di cui ha tutte le caratteristiche. La linearità del racconto è infatti alterata da ricordi e anticipazioni, interviste in macchina, visioni subliminali, materiali di repertorio, inquadrature ai limiti dell’astrazione. In questo modo Matsumoto, un giovane regista che si era già fatto un nome come documentarista, può inserire il ritratto del mondo omosessuale nel contesto di una più generale evoluzione dei comportamenti sociali, mostrando frammenti di altri comportamenti alternativi che si andavano diffondendo fra i giovani (come il consumo di droghe, la pornografia, gli happening o il teppismo).

In un periodo di forti cambiamenti sociali, Matsumoto sfrutta le possibilità riservate al cinema underground e le libertà guadagnate sul campo dagli indipendenti per mostrare, non solo al Giappone (a San Francisco il film ebbe prevedibilmente un grande successo), la vita notturna (e diurna) di un gruppo di omosessuali gravitanti intorno a un locale chiamato Genet. Mishima, in Colori proibiti, aveva raccontato i prodromi di questo sottomondo organizzatosi nell’immediato dopoguerra, con i suoi rituali, i suoi luoghi di ritrovo, il suo linguaggio. Matsumoto lo esibisce reclutando i suoi attori in buona parte fra non professionisti che di quel mondo erano frequentatori. In questa ambientazione, costruisce una vicenda sulla falsariga di Sofocle immaginando uno scontro fra le due drag più quotate del Genet, la direttrice e la giovane Eddie: le due si contendono anche i favori del proprietario del locale, che è pure un mercante di droga. Va da sé che Eddie, l’Edipo di turno, va a letto col padre anziché con la madre, in una rilettura che non si prende troppo sul serio ma che contribuisce a dare al film uno spessore e un fascino che è riuscito a conservare nel tempo. Un film senz’altro meritevole di essere rivisto e ricordato.

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