recensione diGianni Rossi Barilli
Il mondo dei ragazzi normali
Robin è una specie di Harry Potter in versione gay che ha succhiato insieme al latte materno qualche barile di psicanalisi. Con questo bagaglio genetico, alla fine degli anni Settanta, va in cerca della propria verità nel mondo dei ragazzi normali, pieno di insidie e speranze, e riesce con agili mosse a diventare un se stesso di cui andare tutto sommato orgoglioso. Una debordante coscienza della realtà (in cui alcuni lettori omosessuali potranno riconoscersi perfino con una punta di orrore) lo porta a definire la propria identità gay senza scendere a compromessi. Dalla conquista del rispetto di sé discende poi logicamente l'aspirazione all'amore autentico, come alternativa ai muti sfoghi sessuali cui lo iniziano il vicino di casa o il compagno di scuola. Una signora pedagogia sentimentale per piccoli gay in crescita di tutte le età, insomma, con il vantaggio di una narrazione decisamente più avvincente di qualunque kit di regole per il felice coming out. Robin impara vivendo e noi ci emozioniamo con lui nelle prime esperienze del sesso e nell'aria che ci viene incontro amichevole nel bel mezzo di una fuga da casa in bicicletta.
Soehnlein, con la sua scrittura "cinematografica" non si limita però solo ai turbamenti erotici del giovane Robin. Costruisce, come solo i bravi romanzieri sanno fare, un contesto ricco e complicato che detta le regole della ricerca di sé del protagonista. Il mondo dei ragazzi normali è dunque anche un pezzo della storia di una famiglia borghese messa sotto pressione dalle circostanze e di un microcosmo di provincia in grado di dare del filo da torcere anche a chi non deve fare i conti con la propria omosessualità. Perché, come dice la madre di Robin, "queste non sono cazzate. È la vita. E lascia che ti dica una cosa: la vita è dura. Sempre".