recensione diVincenzo Patanè
L'eros al cinema
Bisogna essere contenti ogni qualvolta in Italia esce un libro incentrato sul cinema a tematica omosessuale, poiché nell'asfittico panorama dell'editoria nostrana gli scritti su quest'argomento si contano proprio sulle dita di una mano: dopo La gaia musa di Fiorenzo Lancini e Paolo Sangalli, il primo libro uscito nel 1981, è stata poi la volta di A qualcuno piace gay scritto da me nel 1995, di due saggi - anch'essi miei - a corredo dell'ultima edizione italiana de Lo schermo velato, di un volumetto scritto a più mani da una decina di autori, Da Sodoma a Hollywood, e infine del recente Cinegay di Pino Bertelli. Per il resto, solo dei contributi su argomenti specifici.
Ben venga dunque Cinema gay, l'ennesimo genere di Roberto Schinardi, edito dalla fiorentina Cadmo.
Schinardi, che da tempo collabora fattivamente con il sito Gay.it, parte dall'idea che il cinema gay - che prima rappresentava un'eccezione sullo schermo e che ora invece può contare su un numero considerevole di titoli l'anno - sia di fatto diventato un genere a sé.
L'ipotesi (non nuovissima, per la verità, poiché già alcuni anni è stata avanzata da altri critici) alla fine si fa valere: il cinema gay è ormai un genere a sé - che interessa l'intreccio ed i personaggi, più che l'ambientazione - che chiama in causa, trasversalmente, tutti gli altri generi cinematografici: dal dramma al noir, dalla commedia ai cartoni animati, dal mélo al musical.
Mostrando a 360 gradi la poliedricità dell'attuale cinema gay, così come la sua strisciante adesione ad un cinema mainstream, concepito per il grande pubblico e perciò edulcorato e raramente trasgressivo (ma poi per fortuna c'è anche un certo cinema indipendente...), Schinardi si rivela molto bravo nell'avallare l'assunto di base.
Tutto ciò nonostante nel libro domini una certa confusione e talora il discorso si perda in divagazioni superflue o in considerazioni poco significative.
Si ha quasi l'impressione che l'autore non abbia avuto tempo a disposizione per asciugare il libro, rendendolo più sintetico e perciò efficace.
Così come non ci sia stata a monte una ponderata organizzazione del lavoro, più in linea con l'ipotesi di partenza.
Ne è una dimostrazione la discutibile suddivisione in capitoli. Questi mettono sullo stesso piano temi spuri, molto differenti fra di loro; da generi in senso stretto (come commedia, dramma, melodramma e thriller) si passa poi agli argomenti più svariati: dal "bacio pornografico" alle "anormalità hard", dall'incesto al coming out, dalla cinematografia orientale all'Aids, dal cinema bisex alle biografie, fino a due capitoli su Rosa von Praunheim e François Ozon e ad uno finale sui festival gay.
Come se non bastasse, spesse volte all'interno delle singole categorie alcuni inclusioni sono decisamente arbitrarie (come Orlando, il personaggio partorito dalla mente di Virginia Woolf, nelle biografie gay, Beefcake, un film di finzione, nei documentari o il rapporto madre/figlio ne La luna di Bertolucci a proposito dell'incesto omosessuale).
Né si capisce il senso dei capitoli sul cinema orientale o su quello lesbico se poi alcuni film di questo tipo sono esaminati in altre categorie.
Peccato, perché il libro ha innegabili pregi. Scritto con garbo ed entusiasmo e con lo sguardo competente di chi da anni segue da dentro le vicende di questo cinema, è scorrevolissimo e si legge volentieri.
I circa 350 film ricordati - distribuiti e non (al riguardo, forse valeva la pena di specificare meglio quando li si è visti solo nei festival), televisivi o esistenti solo in video o DVD - ne fanno un manuale di consultazione indispensabile per ripercorrere gli ultimi quarant'anni di cinema a tematica omosessuale.
Il linguaggio utilizzato, gergale al punto giusto, fa sì inoltre che esso possa essere utile anche allo spettatore non cinefilo. In questo senso, si può giustificare la scelta, un po' rischiosa, di avere affrontato il discorso su un piano meramente pragmatico, senza rimpolparlo con qualche base teorica (come la "theory of the look" o la "queer theory"), che avrebbe forse chiarito meglio quali siano i criteri di fondo per cui un film possa essere considerato a "tematica omosessuale".
La scelta alla fine sembra comunque vincente, vista le qualità del libro.
Piace molto, ad esempio, il fatto che Schinardi abbia avuto il coraggio di esprimere senza peli sulla lingua dei giudizi netti e motivati sui film, condivisibili o no che siano. Così si sono evitati zuccherosi e falsi encomi alla "volemose bene" (tipo quelli di Vincenzo Mollica per televisione, per intenderci) che appiattiscono tutto oppure quelli caustici, polemici e fuori le righe di altri.
Corredato da due indici (ahimé, purtroppo con qualche disattenzione e in più quello dei film senza le pagine corrispondenti), il libro è aggiornatissimo e si conclude con delle interessanti appendici: sul cinema lesbico, su quello trans, con una giusta distinzione fra il il cinema en travesti e quello delle drag queen, sull'ineffabile camp, sul musical e sul "dragma" (ossia il dramma in chiave drag, un simpatico neologismo come il "cinema amosessuale", la commedia romatica omosessuale).
Un discreto spazio è poi dedicato al cinema italiano, ricordato con una novantina di titoli, spesso però rientranti solo marginalmente nelle tematiche omosessuali; con equilibrio, Schinardi mette a fuoco la pochezza di un cinema che al giorno d'oggi offre sostanzialmente solo il talento di Ozpetek.