Le parole d'amor che non ti dissi

12 febbraio 2013

A volte descrivere un romanzo basandosi sugli stereotipi relativi al paese in cui è stato scritto, e addirittura sugli stereotipi climatici, si rivela uno schema di comodo e un ozioso pretesto per dire qualcosa se si hanno poche idee fondate; qualche volta, invece, il clima e il paesaggio lasciano davvero suggestioni nella prosa, soprattutto nel caso in cui, come in questo racconto di Håkan Lindquist, la natura costituisca un tema ricorrente. Non leggevo più libri ambientati nello Småland, la penisola meridionale della Svezia, da quando, ancora bambino, lessi l'Emil di Astrid Lindgren, di cui allora fu filmata anche una deliziosa versione televisiva: qui ho ritrovato quell'Arcadia di laghetti e boschetti, di prati ondulati, di chiese antiche, di case accoglienti; ma al contrario che nelle pagine dove quel mondo era visto da un bambino e raccontato a bambini, qui la luce stagliata e netta dell'estate appare velata di malinconia sottile proprio come la penombra delle giornate di pioggia; il paesaggio e il clima non posseggono niente di ostile, nemmeno di spiacevole: sono vagamente tristi perché il sole mite o la pioggia quieta che ammantano campanili, colline e recessi verdeggianti rievocano gli stessi luoghi in altri tempi, e nei ricordi si annida sempre un'ombra di mestizia, perché il passato è tanto composto di esperienze quanto di occasioni perdute. Samuel, il collezionista di francobolli, è un uomo malinconico e depresso, segnato da un'antica ferita e ferito da due amori impossibili: uno, sensuale e travolgente, per un marinaio un po' più vecchio di lui, che però è sempre lontano e alla fine scompare come una nave that sinks with all we love below the verge; l'altro, delicatissimo e pudico, per il narratore appena adolescente. Samuel vive con la madre in un villaggio della Småland da cui praticamente non s'è mai mosso; la sua è l'esistenza solitaria, umbratile e sognante che poteva avere un gay confinato, mezzo secolo fa, in un paesino svedese o in qualsiasi paesino del mondo; soltanto la sua fantasia spazia per l'intero globo, inquieta e visionaria, inseguendo i colori e i simboli impressi sui francobolli o le screziature fantastiche sulle ali della farfalle. La sua vita, in fondo, è tutta di voli e di rimpianti. Diversa, più fortunata l'esistenza del narratore, ma non più felice. In Samuel le esperienze aspre dell'infanzia si sono attutite nello stillare continuo d'un'acquerugiola fredda e grigia; nel narratore piccole perdite e piccoli rancori si sono lasciati dietro una traccia di ghiaccio e d'amaro. Per questo motivo anche la luce radente, che nella campagna svedese staglia netti i contorni, sembra diventare bionda e serena ma priva di calore. In queste pagine sommesse, sussurrate, tutto quello che c'è di bello e di vivo, paradossalmente, sembra già lasciato alle spalle, estinto per sempre, recuperabile soltanto per frammenti, scaglie, impressioni, brandelli che però hanno la fragilità delle farfalle e delle lettere di Samuel, vergate su carta troppo esile, dove la superficie trascolora e l'inchiostro sbiadisce e si dilegua col tempo; brandelli che svelano tracce di verità salvate dal silenzio e dalle parole non dette, brandelli che aiutano a restare vivi e a salvare la bellezza e l'amore, anche se rimangono calore di fiamma lontana, perché non restino sommersi nella cenere nebbiosa dell'oblio.
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