recensione diMauro Giori
Il pasto nudo
È facile comprendere cosa attiri Cronenberg nella letteratura di Burroughs, e in particolare nel Pasto nudo, pieno com'è di allucinazioni, mutazioni, esperienze sessuali non disgiunte da metamorfosi organiche che contemplano la crescita di nuovi organi sessuali (le metamorfosi del Vigilante e di Bradley il Compratore sono straordinariamente vicine all'immaginario cronenbergiano, ad esempio al finale originalmente pensato per Videodrome).
Tuttavia il romanzo era irriproducibile alla lettera sul grande schermo. Cronenberg opta dunque per un suo assorbimento all'interno del proprio universo, attraverso una contaminazione con altre fonti burroughsiane: ai frammenti del Pasto nudo che rimangono in circolazione, talora non più di singole frasi sparse, quasi semplici citazioni ricontestualizzate e risignificate, si sovrappongono così i racconti Interzona e Sterminatore!, nonché le lettere da Tangeri spedite dallo scrittore all'amico, ed ex compagno, Allen Ginsberg. Il regista contamina poi tali fonti con alcuni episodi della biografia di Burroughs (in particolare l'uccisione della moglie, che ha significato molto per l'avvio della sua carriera professionale, e il soggiorno pluriennale a Tangeri, durante il quale si era innamorato di un giovane prostituto, Kiki). Cronenberg struttura così un racconto estremamente lucido, ancorché basato su un'alternanza tutt'altro che razionalizzabile tra piano della realtà e piano della fantasia.
Il film abbandona il fine pedagogico del testo di Burroughs a tutto favore di un'esplorazione dell'atto della creazione. Il pasto nudo è anzitutto un film sull'arte, sul genio, sulla scrittura: «A writer lives the sad truth like anyone else. The only difference is, he files a report on it», sentenzia lo scarafaggio-macchina da scrivere. Allo stesso tempo è anche un viaggio oltre lo specchio, nei territori dell'inconscio, un confronto con i desideri più segreti, che per il protagonista coincidono con un'omosessualità rimossa.
Sullo sfondo traspare la concezione freudiana dell'atto creativo che stabilisce una forte vicinanza tra psicopatologia e letteratura come formazione di compromesso (cioè occasione per riaffermare i rimossi della censura del Super-Io sotto una veste formale capace di scavalcarne i divieti), alle soglie della nevrosi. Per Freud l'artista è anzi un vero e proprio nevrotico che sostiuisce la cura con l'arte, sia che usi l'arte come cura (come in un certo qual modo credeva di aver fatto Burroughs scrivendo Il pasto nudo), sia che rinunci del tutto all'eventualità della cura per poter continuare a creare. Sotto molti aspetti è proprio questo il destino di tutti gli eroi di Cronenberg: per loro la cura è impossibile, addirittura inconcepibile e al contrario la malattia e la mutazione sono le premesse di un bisogno letteralmente inguaribile di esplorare nuove possibilità umane.
Interzona non è altro che questo: l'inconscio di Bill materializzato in visioni. L'atto creativo comporta l'apertura del vaso di Pandora della pulsioni rimosse. E la rimozione in Bill/Burroughs riguarda essenzialmente le tendenze sessuali. Iniziare a creare e dare libero sfogo alla propria omosessualità sono dunque per il personaggio due azioni inevitabilmente coincidenti, e assume così un senso preciso anche la necessaria eliminazione preliminare della moglie.
Cronenberg trasforma l'ossessione politica del romanzo in paranoia privata, in mania di persecuzione del protagonista, e sfruttando l'aspetto privato dell'immaginario burroughsiano al lavoro nelle pagine del romanzo riordina tutto mediante il tema della scrittura e della creazione artistica. Le cupe prefigurazioni totalitariste di Burroughs sono quindi rimodellate, anche mediante l'immaginario cinematografico dell'hard boiled anni '50, in una sorta di opera spionistica, seppure derivata dall'interiorità di un personaggio espressa per visioni. Alla fine nulla rimane dell'inarticolazione del romanzo, ma abbiamo piuttosto una sorta di intreccio kafkiano.
Anche sul piano dei contenuti omosessuali Cronenberg semplifica l'immaginario del romanzo e prende in parte le distanze:
Una delle cose che gli ho detto è stata: «Sai, io non sono omosessuale,e quindi la mia sensisbilità, per quanto riguarda il sesso in questo film, sarà diversa. Non ho paura dell'omosessualità, ma non è innata in me, e probabilmente voglio che nel film ci siano delle donne» (C. Rodley, Il cinema secondo Cronenberg, Parma, Pratiche, p. 211).
Anche se lo stesso Cronenberg dice di aver visto «sotto la superficie gay» del romanzo di Burroughs l'espressione di quella «sessualità perversa polimorfa» che da sempre gli è tanto cara (lo afferma nelle interviste incluse in Naked Making Lunch (1992), documentario girato da Chris Rodley sul set di Il pasto nudo). Ancora una volta è dunque nel polimorfismo che trova abbondante spazio l'attrazione omosessuale, non solo nei personaggi che ruotano intorno ai prostituti dell'Interzona, ma anche in Joan II che si unisce all'harem lesbico della strega Favela, anche se poi quest'ultima si rivela in realtà nel finale un uomo, che esce letteralmente dalla crisalide del corpo femminile. Benché a livello conscio sia Bill che Joan cerchino (tra di loro, ma non solo) un rapporto eterosessuale, questa relazione non raggiunge mai soddisfazione: nella prima parte del film Joan I viene sorpresa (senza sorpresa) da Bill durante un rapporto con Jack, ma, come rivela poi la stessa donna, Jack è drogato e non riesce a completare il rapporto; Joan II si unisce con Bill, ma a loro si unisce una macchina da scrivere ermafrodita, finché l'incontro a tre viene interrotto da Favela.
Nella scena in cui Joan I ha il suo rapporto con Jack, Allen tenta invano di sedurre Bill, che ancora non cede alle sue pulsioni profonde, anzi sembra ancora non conoscerle. Eppure già nel primo incontro con Kiki, o con il suo doppio newyorkese, Bill sostiene di non essere prevenuto nei confronti dell'omosessualità, benché non si senta «finocchio per natura», e ammette che se le circostanze lo consentissero, non si tirerebbe indietro.
Le creature mostruose e gli scarafaggi-macchine da scrivere che ossessionano Bill nell'Interzona sono i prodotti della sua psiche e la loro funzione è quella di ordinargli di confrontarsi con la sua sessualità rimossa e di dare sfogo alla sua creatività (in originale la voce della macchina da scrivere, rauca e aspra, è pressoché identica a quella di Burroughs).
La strada appare lunga, ma alla fine Bill sembra trovare in Kiki un possibile partner: fra i due sembra aprirsi la possibilità di una relazione, Kiki è affettuoso, aiuta e assiste premurosamente Bill in una delle sue serate più nere. La loro relazione è breve e sottintesa: tutto quello che vediamo è Kiki che esce dal letto di Bill di mattina, quando i due si scambiano qualche contenuto segno di affetto (nel mondo di Cronenberg, in realtà, è già molto).
Eppure nella sequenza successiva Bill dà, letteralmente, Kiki in pasto a Yves, nonostante l'evidente riluttanza dello stesso Kiki. La felicità viene dunque sabotata, la fascinazione per la sessualità come tale, com'è tipico di Cronenberg, trova nell'affetto, nell'amore e nel legame un ostacolo anziché un punto di arrivo.
La visualizzazione della sodomizzazione di Kiki da parte di Yves come un atto mostruoso rappresenta l'inquietudine nei confronti della sessualità in generale, il disagio per ciò che più profondamente si desidera, qualora questo desiderio non si conformi alla norma (che Cronenberg trova nella tormentata biografia di Burroughs, ma è proprio del suo cinema, inteso a mostrare lo sforzo necessario a liberarsi dei condizionamenti sociali che tendono a reprimere la sessualità).
L'insoddisfazione è insomma la condizione necessaria per la ricerca, e per la creatività. La felicità è un lusso che non ci si può permettere, e quando la si raggiunge, la si deve anche sopprimere, pur nell'apparente assenza di necessità: accade lo stesso nel finale, che gioca con il senso perturbante (nell'accezione rigorosamente freudiana del termine) del ritorno del rimosso, della ripetizione del già vissuto, della coazione a ripetere anche in macanza di una reale costrizione. Perché la ricerca deve continuare.
A Bill viene chiesto dai doganieri di Annexia di dimostrare che è uno scrittore. Egli estrae una penna. I doganieri gli chiedono di scrivere qualcosa. Lui, per dimostrare che è uno scrittore e che sa scrivere, uccide Joan II. Sembra assurdo, ma è logico. Bill dimostra realmente di essere uno scrittore uccidendo Joan II: uccidendo la sua felicità, prova il suo desiderio sincero di continuare l'esplorazione di sé, la ricerca, premessa necessaria per la creazione, così come l'uccisione di Joan I era la premessa necessaria per la liberazione della creatività e dell'omosessualità latenti in lui.
Burroughs ha dichiarato che con sua moglie viva non avrebbe mai scritto una parola: è appunto questo il senso del finale apparentemente enigmatico del film.
Lo stesso significato ha il sacrificio di Kiki: è necessario per arrivare a Benway, cioè per continuare la ricerca, e quindi la creazione, che tanto ha in comune con un rapporto sessuale: la soddisfazione estetica e la soddisfazione erotica procedono di pari passo, la scrittura passa attraverso il rapporto sessuale con la macchina da scrivere, tanto che quella a forma di testa di Mugwump dispensa fluidi inebrianti come premio per la riuscita della scrittura.
Il finale dunque non chiude, ma continua, o forse ripete: non c'è nessun motivo di pensare che Annexia differisca in modo sostanziale da Interzona. Di certo non è un mondo logico e razionale, se non della logica e della razionalità del sogno, la stessa che domina Interzona, la stessa che vediamo all'opera nella sequenza della dogana. Se ci lasciamo influenzare poi dalle suggestioni del romanzo di Burroughs, allora dobbiamo pensare al peggio, poiché nel Pasto nudo dello scrittore beat Annexia è la quintessenza della dittatura.