recensione diMauro Fratta
Fugio campum lusumque trigonem
Una valutazione serena dei libri pubblicati nella collana High School della Playground necessita in ogni caso della consapevolezza che sono romanzi concepiti apposta per adolescenti gay, e contraddistinti perciò da una psicologia piuttosto elementare e da una scrittura priva di ricercatezze; pretendere di trovare in libri consimili chi sa quali spessori narrativi sarebbe perciò ridicolo ancor prima che ingiusto: e di conseguenza la valutazione va fatta tenuto conto della scorrevolezza stilistica, delle capacità di creare figure credibili, dell'abilità nel dominare le strutture diegetiche, nonché dell'invenzione di situazioni interessanti e coinvolgenti, pur con tutti gli elementi convenzionali che questo tipo di letteratura esige.
E allora, benché la storia contenga parecchio di prevedibile, la trama presenti qualche sfilacciatura e i comportamenti dei personaggi manifestino alcune inverosimiglianze, alla fine ho apprezzato il libro, sia perché abbiamo pur sempre bisogno, talvolta, di racconti semplici e positivi, sia perché, soprattutto, noi lettori europei, e a fortiori i lettori molto giovani, abbiamo bisogno anche di romanzi vicini al nostro modo di vivere e di pensare. Quantunque autori americani di libri per adolescenti gay, come Nick Burd o Alex Sanchez (al quale peraltro non tutte le ciambelle riescono col buco: il suo ultimo libro, A modo mio, è davvero brutto, e senz'altro molto inferiore ai Fuoriclasse), appaiano assai più disinvolti e scaltriti di Bendini, nessuna globalizzazione dei costumi può far velo al fatto che le scuole, le università, le abitudini, i rapporti familiari, le amicizie, i riferimenti culturali, il modo di parlare dei ragazzi d'oltreoceano sono molto diversi da quelli italiani, francesi o spagnoli: Mathieu Varenne, insomma, rassomiglia molto di più ad un ragazzo di casa nostra rispetto ai ragazzini descritti da Sanchez; e penso che per un ragazzo di casa nostra ciò sia importante. A me poi sembra che, nonostante la positività di fondo, le vicende raccontate da Bendini mettano sotto gli occhi dei lettori una serie di personaggi meno stereotipati di quelli che popolano i romanzi americani: questi ultimi saranno pure scritti meglio tecnicamente, ma dopotutto non escono mai da una visione moralistica e rassicurante, rigidamente improntata alla dominante correttezza politica, che in mano ad autori meno intelligenti di Burd o di Sanchez fa inevitabilmente franare la storia nel burattinesco: basti pensare ai romanzucci di Brent Hartinger. Qui agiscono invece giovani che a volte sono superficiali o sciocchi o sconsiderati, perché nella vita reale, anche con le persone che si amano alla follia, succede a volte che ci si comporti con leggerezza e ostinazione, magari finendo per rovinare un rapporto con un niente; e agiscono persone che posseggono un'umanità e un fascino nonostante le loro idee omofobiche o i loro egoismi: perché la vita reale nelle nostre città pullula di persone complicate, mentre le maschere tranquillanti non vi s'incontrano mai. Qualche volta è bello leggere una commedia in maschera. Altre volte, invece, è anche bello leggere cose più vicine alle nostre vite e alle nostre esperienze reali.