recensione diFrancesco Gnerre
Memorie di un nano gnostico
Roma, 1518. In una delle sue stanze in Vaticano il papa Leone X, in posizione non proprio regale, giace con le mutande calate intorno alle caviglie, mentre un medico applica unguenti e balsami al suo posteriore afflitto da fistole e piaghe, conseguenze dell'uso e dell'abuso che Sua Santità fa del suo didietro con nerboruti giovanotti romani.
Questa predilezione di papa Leone per i giovani uomini dai quali piace essere preso da dietro è di dominio pubblico e non provoca alcuno scandalo. La gente di Roma, assuefatta al potere della chiesa e alle bizzarrie dei suoi prelati, non si stupisce di niente. E poi, se paragonato ai suoi predecessori (i tempi di Alessandro Borgia sono vicini) Leone X può anche apparire un papa morigerato.
A rappresentare questa scena, ad apertura di romanzo, e a raccontare questi e altri aspetti intimi del pontefice è Giuseppe Amadonelli, detto Peppe, ciambellano e segretario privato che assiste alle medicazioni del papa leggendogli brani da Sant'Agostino o commentando le ultime notizie che arrivano dalla Germania dove Martin Lutero sta suscitando scompiglio con le sue invettive contro la corruzione della corte papale.
Dal 1518 il protagonista narratore va indietro nel tempo per raccontare la sua vita romanzesca che si snoda, come in un feuilleton ottocentesco, tra umiliazioni, disavventure e colpi di scena di ogni tipo. Nato in un tugurio di Trastevere da una baldracca avvinazzata, nano deforme, storpio, gobbo e rachitico, egli trova il conforto nella fede gnostica che gli insegna che il mondo con tutte le sue miserie non è opera di Dio, ma di un demone malvagio, che nascendo nel mondo della materia, l'uomo è decaduto dalla sua vera condizione spirituale e che obiettivo della sua esistenza è farvi ritorno tramite una vita giusta improntata alla compassione e alla saggezza.
La setta gnostica a cui Peppe si affilia, viene però scoperta dal terribile inquisitore Tomaso della Croce; Laura, la sua "maestra" e ispiratrice, è imprigionata e in seguito condotta al rogo, e lui, Peppe, è venduto ad un circo che organizza spettacoli con "mostri da fiera", che ogni sera esibiscono le loro deformità. Dal circo di mastro Antonio, dove mette in scena un numero "particolare" sconsigliato alle donne, insieme all'amico Nino, Peppe approda, sempre in modi romanzeschi, nella casa di Giovanni Lazzaro de' Magistris, meglio noto con il nome di Serapica, il segretario sodomita del futuro papa Leone, allora cardinale Giovanni dei Medici.
Assunto così alla corte pontificia, Peppe, senza mai abbandonare la sua fede gnostica, è testimone dei fasti del papa epicureo e umanista, amante dei libri e delle arti, oltre che dei bei giovanotti, che accoglie a Roma il fior fiore degli artisti del tempo, da Leonardo a Michelangelo a Raffaello, ma anche delle inquietudini che percorrono la cristianità e del malcontento nei confronti del papa spendaccione che attinge ai fiumi di denaro che arrivano dalla vendita delle indulgenze per acquistare costosi codici antichi o per coprire di ricchezze e onori i suoi familiari.
Il romanzo, ben scritto, ricco di intrighi e di ingredienti tipici della letteratura popolare, è appassionante.
L'autore, che finge, come nella tradizione di tanta narrativa ottocentesca, di trascrivere un manoscritto del Cinquecento, è misterioso. David Madsen, il nome che appare in copertina, è lo pseudonimo di un teologo e filosofo inglese, che si dice cattolico praticante, ma si tratta con ogni evidenza di un cattolico particolare, perché ha scritto un romanzo gustoso, ironico, grottesco e provocatorio sulla chiesa cattolica di ieri, ma anche di oggi, sulla sua corruzione e sulla sua ipocrisia.
A proposito della sessualità e dell'omofobia della chiesa c'è un momento significativo del romanzo in cui Peppe viene iniziato da Laura al piacere della carne perché, secondo la filosofia gnostica, "non si può rifiutare e disprezzare ciò che non si conosce". Angelo e Pietro, altri due affiliati alla setta, la conoscenza del sesso la sperimentano tra di loro e a Peppe meravigliato che due uomini possano avere serenamente rapporti sessuali, la sua maestra spiega che due uomini sono in grado di acquisire insieme tale conoscenza quanto due donne o un uomo e una donna, e aggiunge : "l'ipocrita morale sessuale di questo mondo non ha niente a che fare con noi".
L'autore, dall'interno della chiesa, sembra fare propria questa tesi, ma non può sottoscriverla con il suo vero nome perché, come sappiamo, la chiesa non tollera punti di vista diversi dai propri, soprattutto quando minacciano di scardinare il potere che si è arrogato "e di esporlo per quello che è agli occhi di coloro che rende schiavi".