recensione diMario Gardini
da RiDVDere - Occhiali d'oro
Nato a Bologna nel 1916 e morto a Roma nel 2000 , Giorgio Bassani è un autore reso celebre in tutto il mondo da un romanzo uscito nel 1962 il cui titolo è “Il giardino dei Finzi Contini”.
La storia di una ricca famiglia ebrea di Ferrara, della loro vita quotidiana agiata e avulsa dalla realtà di un mondo in caduta libera verso la Seconda Guerra mondiale e della follia umana che li condusse allo sterminio nei campi di concentramento commosse tutto il mondo, tanto che Vittorio De Sica ne trasse un film con Lino Capolicchio e Dominique Sanda che vinse l’Oscar come Migliori Film straniero nel 1972.
Ma altrettanto interessante è un’altra opera che Bassani pubblicò nel 1958 e che è un romanzo breve (o racconto lungo, che dir si voglia) intitolato “Gli occhiali d’oro”.
Nel 1987 Giuliano Montaldo ne trasse un film interpretato da Philippe Noiret e da Rupert Everett, già icona gay grazie a “Another country (La scelta)”.
A differenza da “Il giardino dei Finzi Contini”, questo secondo film tratto dalle opere di Bassani ebbe meno successo, forse anche perché uscì in un periodo storico di grande disimpegno culturale (Il famoso “edonismo reganiano”) che condannò al dimenticatoio piccole gemme (come “Plenty” con Meryl Streep o “Pazza” con Barbra Streisand) che, uscite magari in un altro momento, avrebbero conosciuto maggiori fortune.
Il film narra la storia di uno stimato medico di mezza età (Noiret), amato e rispettato in tutta Ferrara, i cui occhiali d’oro erano simbolo della sua eleganza e della sua eccentricità. Perché è così che viene definito un omosessuale criptato quando il perbenismo e l’ipocrisia impediscono di chiamare le cose con il loro vero nome.
Finché il Dottor Fadigati si limita ad amare l’arte, la bellezza e tiene le sue pulsioni sessuali sotto chiave, la città è ben disposta a chiudere un occhio.
Ma quando nella vita del medico irrompe un giovane bello e spregiudicato, Eraldo (Nicola Farron), gli schemi saltano e la società rivendica il diritto a mettere al bando il suo illustre concittadino, reo di aver portato vergogna e disonore.
Non importa se si tratti di passione, amore o semplicemente del canto del cigno di un uomo represso sul viale del tramonto: l’unico a rimanere vicino al Dottor Fadigati sarà un altro giovane, l’io narrante del romanzo (Rupert Everett), compagno di studi di Eraldo ed impotente testimone di una tragedia annunciata che sfocerà nel suicidio del Dottore, il quale preferirà le acque del Po alla ghettizzazione ma, soprattutto, all’abbandono e alla derisione da parte del suo amato bene.
Suicidio che verrà definito dagli organi di competenza “incidente”, poiché in un mondo in cui stavano per essere introdotte le prime leggi razziali, certe debolezze umane non potevano di certo venire riconosciute e publicizzate.
Anche se non si tratta di un capolavoro, “Gli occhiali d’oro” è un film che va rivisto e, in parte, rivalutato. La critica ai tempi lo trattò con freddezza ed i risultati al box office furono magri.
Eppure il film ha dalla sua parecchi atout, come la buona interpretazione degli interpreti, a cominciare da un Philippe Noiret dolente ed intimista fino a una Valeria Golino già in odore di “Rain man”. Inoltre trattava tematiche ai tempi non ancora da grande pubblico, a meno che l’omosessualità non fosse vissuta in un ambito farsesco stile “La cauge aux folles”.
Il film fece vincere ad Ennio Morricone un David di Donatello per la Miglior Colonna Sonora e, dal 2006, è disponibile in dvd.
Distribuzione Medusa Home Video.