recensione di Mauro Giori
Hawaii
Come già Plan B e Ausente, anche Hawaii è nella sostanza una favola romantica, senza però l’intrigo del primo film né i toni funesti del secondo. Rimane dunque solo il filo delle tensioni erotiche, che suscita tenerezza ma lascia il racconto un po’ sguarnito: che due piacenti giovanotti – i quali si lanciano continui segnali di reciproca attrazione in un contesto climatico che incita al déshabillé – debbano aspettare settimane per darsi il bacio su cui il film si chiude risulta alla fine (anzi, ben prima) piuttosto esasperante, né si comprendono bene le ragioni di tanta ritrosia.
Certo da un album di foto si deduce che Eugenio ha avuto un passato da superare con una donna, tuttavia è proprio lui a iniziare i giochi e a spingerli pretestuosamente, invitando l’altro a usare la doccia di casa, ad andare a nuotare al lago, a cambiarsi in sua presenza, a lasciarsi medicare in mutande, ad auscultargli l’aritmia (ognuno ha la sua idea di romanticismo…). E giunge persino a infilarsi nel letto di Martín (dopo provvidenziale bottiglia di vino), non prima di aver cercato senza troppo impegno di svegliarlo palpandolo ovunque, ma proprio ovunque (ognuno ha la sua idea di come si debba svegliarle l’altro…).
Martín viceversa è più timido, ma quando Eugenio si spoglia in auto prima di accompagnarlo non si trattiene non solo dal guardare ripetutamente, ma nemmeno dal fare apprezzamenti su ciò che intravede in rilievo nei pantaloni. Eppure Eugenio non raccoglie, mette in moto e parte. Siccome però i segnali di Eugenio sono evidenti persino a Martín, questi cerca di tirare le somme e sarà proprio lui a tentare il primo bacio, respinto.
Non basta nemmeno il fato. E cioè che il povero Martín nell’eroico adempimento dei suoi doveri di manutentore si ferisca proprio lì vicino, sicché per medicarlo Eugenio si trova a due centimetri dal (voluminoso) oggetto proibito del suo desiderio. O che al povero Eugenio finisca un bruscolino nell’occhio che richiede un intervento ravvicinato del sollecito Martín.
Si continua così per tutto il film, tra occhioni languidi e intrusioni pretestuose in bagno mentre l’altro fa la doccia, disegni erotici tracciati di nascosto che ricompaiono al momento giusto, starnazzamenti lacustri con costumi che non lasciano nulla all’immaginazione, scambi di indumenti, fotografie rubate, sbirciatine scostumate, ecc. Maurice e Clive facevano quasi quasi di più nell’Inghilterra di re Edoardo, comunque nelle favole tutto è bene quel che finisce bene e i fidanzati non diventano mai ex, sicché il bacio conclusivo prelude a decenni di felicità compensativa. Da Berger però ci si poteva aspettare anche qualcosa di più, dati i risultati interessanti dei suoi film precedenti.