Cronaca di un disamore

18 agosto 2015

Luca, trentacinquenne scrittore per la televisione, e Maurizio, di qualche anno più grande, si sono lasciati dopo quattro mesi e, se Maurizio vive il discidium con serenità ricercando anche l’amicizia del suo ex, per Luca è un trauma dal quale fatica a riprendersi. Tutto il romanzo di Ivan Cotroneo ci racconta “i dolori del giovane Luca”: mettendo Goethe da parte, Cronaca di un disamore vive di una continua citazione. Un modus scribendi abbastanza fastidioso, che spezza continuamente la narrazione degli eventi con considerazioni tratte da Platone, Plutarco, il Cantico dei Cantici, Eraclito, Saffo e così via, come se l’autore desiderasse a tutti i costi mostrarci di avere un fornito bagaglio culturale. Inoltre, sulla scia di Houellebecq, ci sono inserti di carattere scientifico e cronachistico, ad esempio sulle carpe koi o sulla natura delle lacrime. Il problema è che dall’aulico si passa spesso al basso popolare, con pensierini alla Moccia (“il mio cuore è nel tuo petto”, “c’è Maurizio en mi pensamiento”), che esprimono un dolore sur-reale. Perché che l’abbandono necessiti una sua elaborazione, siamo tutti d’accordo, ma sembra che il protagonista vi sia artificiosamente bloccato con troppa insistenza, in modo tale che il malessere che attraversa tutte le pagine di questa opera solo a tratti riesce ad essere sincero e non stereotipato. Avviene, così, che durante la lettura si immagini già cosa avverrà nella pagina successiva, quale ulteriore stadio di pena il povero Luca attraverserà per colpa di Maurizio, fino ad arrivare fortunatamente alla purificazione, con un simbolico bagno in mare.

Cotroneo ci mette il cuore e un’interessante struttura narrativa nell’alternare i flashback della storia d’amore ai tormenti attuali e la “cronaca” della relazione funziona ed è appassionante. Forse se il romanzo fosse stato costruito in altro modo, ponendo sempre al centro il lungo raggiungimento di questa catarsi aristotelica – e qui l’autore, imbevuto di classicità, capirà il rimando – ma dando ai personaggi una storia più approfondita (alla fine di Maurizio capiamo solo che è il cattivo della coppia e, nel racconto aggiuntivo finale, Cosa guardano i tuoi occhi, anche un po’ patetico), sarebbe potuto essere il capolavoro che lo scrittore insegue da tempo e che neppure con il breve Un bacio è ancora riuscito pienamente a raggiungere.

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