recensione diMauro Giori
Mambo italiano
Se si sta al gioco, il divertimento è assicurato perché Mambo italiano riesce a mantenere il suo ritmo e la sua felice vena umoristica dalla prima all'ultima sequenza.
Stare al gioco significa accettare il fatto che questa farsa ambientata nella comunità italoamericana di Montreal è costruita su quintali di luoghi comuni, sugli italiani molto più che sui gay, tutti famiglia (matriarcale), salse di pomodoro e chiesa. Ma a una commedia non si chiede un'analisi sociologica e nel contesto di una satira, peraltro bonaria, lo stereotipo può funzionare, soprattutto se è usato con consapevolezza, ovvero enfatizzandolo per quello che è e con molta autoironia. Come appunto fanno gli autori di Mambo italiano, il cui protagonista, Angelo, alla fine diventa uno sceneggiatore per una serie tv sugli italoamericani che mette in scena una famiglia poco più stereotipata di quella che abbiamo visto in tutto il film.
Lo stereotipo, sotto sotto, e a volte nemmeno tanto sotto, nasconde tracce di verità. Il problema è come lo si usa. Mambo italiano è un film non solo in fondo affettuoso nei confronti degli italoamericani, ma anche decisamente militante. Lo si potrebbe vedere come una sorta di Maurice riambientato nella contemporaneità e in versione comica.
Angelo, il protagonista, è infatti un piccolo eroe malgré lui, poiché esce allo scoperto senza rendersi bene conto delle conseguenze e si muove spaesato e con sana ingenuità in una comunità gay divisa tra affamati maschioni da rimorchio nei bar, e per le strade del village, e truppe più morigerate schierate nelle retrovie del telefono amico. Nel mentre, tiene testa a una famiglia conservatrice dalla quale alla fine riesce a farsi accettare (insieme al suo nuovo compagno) e soprattutto non cede alle debolezze dell'amore per Nino, un poliziotto velato che di fronte al chiasso suscitato dal coming out del compagno preferisce fare marcia indietro, rinnegare la propria omosessualità e ripiegare su un matrimonio di copertura mostrato con toni fin troppo indulgenti.
Il coming out, le scene al centro gaylesbico, l’imbarazzo della sorella di Angelo nello scoprirlo a letto con Nino e la discussione dei genitori circa la partecipazione al matrimonio sono da antologia, grazie anche a interpreti di solido mestiere (come Paul Sorvino) o comunque ispirati (come Ginette Reno, celebre cantante prestata al cinema).