recensione diDaniele Cenci
Quel che resta
Due uomini sono da sempre legati al "fragile cordone" della vita dello scrittore marocchino: il padre lontano, che qualcosa ha trattenuto dall'esprimere fino in fondo l'affetto per il figlio, e il 'fratello' di lui, un amico intimo accolto in casa come un parente.
Il piccolo protagonista si era attaccato a questo 'zio', in un reciproco gioco di seduzione, immaginando che il loro appassionato delirio "fosse al tempo stesso vuoto e traboccante di tenerezza", che gli indicasse "il fondamento di un amore esclusivo."
La morte dell'uomo sembrerà infrangere il sogno di un altro mondo possibile, al di là delle barriere morali.
Rincontreremo poi il "bambino incantato" a caccia d'anime e corpi in una Roma segreta.
L'autore sfoglia nuove pagine del suo ipnotico lessico familiare, con una lancinante nostalgia (cfr. la 'favola' del piccolo cieco Osman) e una dolce ossessione per la sua infanzia.
Convinto che "ci sono individui che da soli giustificano l'esistenza dell'umanità intera".