Un vulcano con valigia. Intervista a Bruno Casini

8 novembre 2015

Conosco Bruno Casini da ormai quasi dieci anni. Ho sempre apprezzato il suo entusiasmo, la sua curiosità onnivora, e il desiderio di creare sempre qualcosa di nuovo; che sia un reading poetico, un festival cinematografico, un concerto, ogni volta mi stupisce per la sua inesauribile energia. I libri che ha pubblicato sinora testimoniano e raccontano di una Firenze che, almeno fino a pochi anni
fa, non aveva nulla da invidiare a città ben più blasonate, quanto a creatività e fermento culturale. Quella Firenze che Pier Vittorio Tondelli narra magistralmente nel suo Un Week-End
Postmoderno, in cui la “fauna d’arte” si mischiava con il mondo dei club, delle discoteche, della moda, del teatro, in un continuum di influenze reciproche, di ore piccole passate a ballare, ma anche a creare qualcosa di nuovo. Quando, nella primavera 2015, è uscito il suo ultimo libro (Sex and the World. Viaggi gay e rock’n roll. ZONA), sono rimasto spiazzato. E’ un volume autobiografico, che narra più di 25 anni di viaggi e incontri, da un rocambolesco tour tra Orano (Algeria) e Marrakesh (Marocco) nel 1973 a un appuntamento (quasi) al buio a Zurigo, nel 2009. E lo fa in modo liberatorio, mettendo su carta
emozioni, scoperte, incontri che sembravano solo aspettare di essere tirati fuori “dal cassetto” dei ricordi. L’autore, in questo libro, si mette totalmente a nudo.  Il sesso è un elemento centrale, ma è anche il mezzo per parlare di
altro, per rievocare volti, musiche, luoghi. Si parla di Patmos, l’isola greca dove san Giovanni avrebbe scritto l’Apocalisse, della Gay Bay Area di San Francisco, di Berlino alla vigilia della caduta del muro e Zeltweg, in Austria, per il concerto dei Rolling Stones nel 1995. E poi Londra, Madrid, Barcellona, Cordova, Parigi, Atene, Praga, Lisbona, Amsterdam, New York, Los Angeles, Ketama, ancora in Marocco, e Herat, in Afghanistan, oltre ad altre mete in territorio italiano.
Un vero e proprio diario di viaggio quindi, che non segue un ordine cronologico, ma emotivo, in cui la musica, come fa capire il titolo, fa da continuo sottofondo alle avventure del narratore. Ho incontrato Bruno in una bella giornata di fine settembre, nel suo appartamento traboccante di libri e vinili, e mi sono fatto raccontare qualche aneddoto, su questo suo ultimo libro, e su qualcos’altro.

Prima di tutto, chi è Bruno Casini, oggi?
Un uomo che non ha mai perso la sua curiosità verso tutto quello che lo circonda, con una particolare attenzione a musica e culture giovanili. Da tempo, poi, sono molto interessato alle varie forme di creatività che gravitano intorno al mondo LGBT. Mi interessa in particolare il cinema, forse anche perché organizzo da anni il Florence Queer Festival, dedicato proprio alle nuove produzioni di film e documentari con tematiche LGBT (il festival, che si tiene a Firenze ogni autunno, quest’anno festeggia la tredicesima edizione, che si terrà dall’ 11 al 17 novembre. N.d.A.).

Nei tuoi libri precedenti racconti della scena musicale e artistica nella Firenze tra gli anni 70 e gli anni 80. Come mai, per questo tuo ultimo lavoro, hai deciso di virare in modo netto verso la forma autobiografica?

E’ stato un parto difficile. Dopo l’ultimo libro, Ribelli Nello Spazio, non avevo più voglia di parlare di qualcun altro. Volevo parlare di me.  I molti viaggi, gli incontri erotici, le tante esperienze che ho fatto nell’arco di oltre trent’anni, volevano “uscire dai cassetti” in cui erano relegati. Questo libro è, insomma, quasi un coming out della mia memoria. L’erotismo è il cardine del libro, ma attraverso il sesso ho voluto parlare di musica, arte, cinema, insomma di vita.

Ci sono episodi di cui hai avuto più difficoltà a parlare?

Non saprei, forse alcune esperienze poco piacevoli, come quella del militare, tra il 1978 ed il 1979, in cui passai da un ospedale militare all’altro, e venni pure arrestato. Riguardo a quest’ultimo episodio, posso dirti che fu veramente un’esperienza traumatica; all’epoca gestivo un locale in Borgo Albizi, a Firenze, il Banana Moon. Dopo una perquisizione della guardia di finanza vennero trovati per terra 4 grammi di hashish, e la responsabilità cadde sui soci fondatori del club, tra i quali ovviamente c’ero pure io. Mi vennero a prendere in caserma a Roma, dov’ero per il servizio militare, come già detto. Prima fui portato a Regina Coeli, in cui condivisi la cella con gente poco raccomandabile. Poi, ammanettato e con una scorta di quattro carabinieri (manco fossi stato il capo delle BR!), venni condotto al carcere delle Murate di Firenze.

C’è qualche luogo, o episodio, di cui avresti voluto parlare, ma che non ha trovato spazio in Sex and the World?

Sì, ad esempio la Amsterdam del ’70-’71. Partii da Firenze in autostop e, ancora confuso riguardo ai miei gusti sessuali, mi ritrovai in una città dall’atmosfera incandescente. Erano gli anni in cui Amsterdam attirava freaks, hippies, gay da tutta Europa, e mi ritrovai al centro di un vortice sensoriale coloratissimo. Proprio durante questo viaggio ebbi le prime esperienze di sesso con altri uomini. Dormivo all’interno di un edificio occupato, e una mattina purtroppo piombò in casa la polizia, con un foglio di via, costringendomi così a interrompere questa bellissima esperienza.
Mi sarebbe piaciuto parlare anche di tutti quei battuage, quei luoghi in cui si andava alla ricerca di sesso con altri uomini, che stanno via via sparendo.
Tra gli anni 70 e gli anni 90 l’Italia era piena di cinema a luci rosse, parchi, spiagge, pinete, in cui avresti potuto sempre trovare qualche uomo disponibile: Monte Caprino a Roma, e la “Fossa” a Milano, ad esempio, per citarne alcuni.
Molte città avevano poi cinema a luci rosse frequentati prevalentemente da una clientela maschile. A Firenze, ad esempio, c’erano l’Italia e l’Arlecchino; in quest’ultimo, nel 1971, assistetti alla proiezione del film Festa per il compleanno del caro amico Harold (regia di William Friedkin, 1970. N.d.A.), che aveva fatto molto scalpore all’epoca, per i suoi contenuti esplicitamente gay.

I luoghi d’incontro di cui parli stanno via via sparendo, se non lo sono già del tutto. Oggi le applicazioni telefoniche, le chat sembrano averli soppiantati.

Se devo essere sincero, rimpiango i battuage all’aperto; anch’io uso le chat, ma le trovo troppo impersonali.  Fino a poco tempo fa, saresti potuto andare in ogni città, e trovare piazze, vespasiani, parchi, cinema dove fare incontri. Certo, a volte erano posti frequentati anche da qualche delinquentello ma, nel loro apparente squallore, erano più vitali ed eccitanti di 10 chat messe assieme. Molti li criticavano, perché frequentati da qualche uomo sposato, qualche “velata” insomma, ma trovo che in qualche modo le chat stiano facendo tornare “nell’armadio” molti giovani, che alla fine si limitano spesso ad interagire con altri ragazzi solo sul pc, magari pure con la foto del volto oscurata…

Visto che nel tuo libro il sesso è uno dei momenti focali da cui si dipana ogni storia, sono curioso di sapere cosa rappresenti il sesso per te.

E’ una forma di rilassamento sia intellettuale che fisico, ma è anche sperimentazione, una sorta di conoscenza di te e del tuo partner, attraverso il corpo.

Nel libro parli di luoghi da te visitati nel Nord Africa e in Medio Oriente. Se penso a quanto accaduto tempo dopo in alcuni di quegli stessi posti (vedi Afghanistan), sono curioso di sapere se ci fosse facilità di approccio sessuale tra due uomini.

Sì; in Afghanistan avresti potuto trovare un sacco di albergatori che ci provavano esplicitamente; ti invitavano nella loro stanza a mangiare pasticcini e thè, ma lo scopo era ben altro…
In Tunisia, Algeria, Marocco, gli incontri erano, come saprai, facilissimi. Ad Orano, in Marocco, il capostazione e gli altri ferrovieri invitarono chiaramente me e i miei amici a far sesso con
loro; purtroppo dovetti rinunciare, in quanto nella comitiva ero l’unico gay.
Sulla spiaggia di Essaouira, nel 1974, trovai decine di ragazzi e uomini che ti proponevano, senza tanti preamboli, di far sesso con loro.

Tra tutti i luoghi di cui parli, qual è quello in cui torneresti subito?

Senz’altro San Francisco, e la California in generale.
Quando andai a San Francisco, l’atmosfera non era delle migliori. Era il 1989, ed eravamo nel pieno dell’epidemia da AIDS, ma per me rimaneva e resta la città di Janis Joplin, dei grandi concerti rock, della beat generation. Andai alla libreria City Lights, e mi trovai faccia a faccia con Lawrence Ferlinghetti! Insomma, senz’altro in California ci tornerei subito!

Un’ultima domanda. Sex and the World si dipana tra quattro decenni, dagli anni 70 ai primi anni 2000. Visto che nel libro parli molto anche di musica, se dovessi scegliere un brano per ogni decennio, quale sceglieresti?
Per gli anni 70 non ho dubbi: Tremilalire di Alfredo Cohen, tratto dal bellissimo LP Come Barchette Dentro un Tram, prodotto da Franco Battiato.
Per gli anni 80 sceglierei Relax dei Frankie Goes to Hollywood, mentre per i 90 qualsiasi brano dei Pet Shop Boys. Ho qualche difficoltà per gli anni 2000, ma pensandoci bene potrei scegliere qualcosa dei Groove Armada..

Biografia di Bruno casini. Fiorentino, si occupa da sempre di comunicazione e promozione culturale. Laureato in storia del cinema con Pio Baldelli, è stato negli anni Ottanta tra i fondatori della rivista Westuff e ha diretto per oltre dieci anni – nel capoluogo toscano – l'Independent Music Meeting, prima rassegna italiana delle etichette indipendenti. Primo manager del gruppo, ha pubblicato In viaggio con i Litfiba. Cronache rock dagli anni Ottanta (ZONA, 2009), il libro che ne ha anticipato la reunion. Tra i fondatori del Banana Moon, storico freak-rock club fiorentino, ha dedicato a quella esperienza il libro omonimo (ZONA, 2008). Ha pubblicato anche Felici & Maledetti. Che fine ha fatto Baby Jane? Moda e clubbing anni Ottanta a Firenze (ZONA, 2011) e Ribelli nello Spazio. Culture Underground Anni Settanta (ZONA, 2013); 1975: viaggio in Afghanistan(Catcher, 2006) e curato i volumi Tondelli e la musica (Baldini & Castoldi, 1994) e Frequenze Fiorentine (Arcanapop, 2003).

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