Omosessuali al confino nell’Italia fascista

Recensione di Chiara Nicotra. Riedita con il gentile consenso dell'autrice.


Omosessualità e fascismo, diversità e confino, libertà e regimi totalitari. Centinaia, migliaia di volte sono stati affrontati questi dolorosi temi che hanno segnato un triste capitolo della storia del XX secolo. Centinaia di storici, scrittori, intellettuali delle più disparate correnti di pensiero politico si sono avvicinati, ma forse mai così tanto, a quest'argomento, ma sempre con l'intento di accostare questi due temi - per loro natura così diversi ma che la follia degli uomini ha fatto convergere - per studiare il totalitarismo, il fascismo.

Oggi questo tema viene nuovamente portato alla ribalta dal libro "La città e l'isola. Omosessuali al confino nell'Italia Fascista" (Donzelli editore) di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio, colleghi di lavoro e compagni nella vita, che è stato presentato mercoledì pomeriggio nei locali della Biblioteca della facoltà di Scienza politiche, grazie alla collaborazione del Dipartimento di analisi dei processi politici dell'Università Catania, dell'Arcigay e del gruppo Pegaso. Sono intervenuti docenti di storia contemporanea dell'Università di Catania, il presidente dell'Arcigay e gli autori.


La storia dell'omosessualità durante il periodo fascista è stata sempre un'occasione per leggere il fascismo, per capire cosa siano stati i regimi totalitari. Questo libro punta l'attenzione, e qui sta la novità, sulla vita degli omosessuali. I due autori, dopo vent'anni di studi, ricerche, analisi, testimonianze, ci ripropongono con la loro opera questo binomio omosessualità-fascismo in un'ottica diversa, mirando non solo a ricostruire un doloroso momento storico ma puntando l'attenzione alla ricostruzione della cultura omosessuale, agli eventi che nel secolo scorso hanno contribuito a formare un'identità di gruppo tra persone molto diverse tra loro per età e ceto sociale, accomunate da una dura e scrupolosa inchiesta condotta dal questore di Catania in seguito alla proclamazione delle leggi razziali.


«Molti studiosi - ha affermato Paolo Patanè, presidente Arcigay - hanno identificato il Novecento come il secolo delle tenebre, relativamente alla repressione dei comportamenti omosessuali. Nella percezione comune l'omosessualità è contraddistinta dalla solitudine, dalla sofferenza, dall'assenza di una progettualità, e questa idea è data dal fatto che la ricostruzione storica dell'omosessualità degli ultimi due secoli ci deriva da atti di polizia, descrizioni mediche, atti processuali, da definizioni criminologiche. E' una ricostruzione che emerge nel momento in cui ci sono reati o eventi persecutori e la sensazione è che la comunità omosessuale esista soltanto in quanto convivente in un sistema di repressione. Questo libro ha il pregio di squarciare il velo di grigiore che caratterizza i resoconti polizieschi, i verbali, i referti medici e di entrare nell'intimità di chi quelle indagini le ha vissute in prima persona, ciascuno con le proprie passioni, dolori e timori. Perché è a partire da quegli eventi che si può cominciare a parlare di cultura omosessuale».


Il libro "La città e l'isola", nato nel 1988 come tesi di laurea di Goretti e poi ampliato e approfondito con l'aiuto del compagno scrittore, racconta la storia di un gruppo eterogeneo di uomini catanesi, giovani e meno giovani di diversi ceti sociali, che durante la repressione fascista vengono sottoposti ad approfondite indagini condotte dal questore Molina. Scopo dell'inchiesta era quello di riuscire a dare una definizione dell'omosessualità (anche se mai nei documenti viene utilizzata questa parola ma ben più ricercati eufemismi come "vizio nefando" o "colpa innominabile"), anche attraverso visite mediche e esplorazioni anali, per creare una distinzione di generi, per individuare quali fossero le peculiarità di un uomo fascista e quali quelle di una donna fascista e riuscire ad inserire questi uomini in uno dei due generi. Non riuscendo, però, a darne una reale definizione, i 45 iarrusi furono additati come antifascisti in quanto con la loro "diversità" attentavano agli interessi nazionali, alla perfezione della stirpe dell'uomo nuovo, e per questo furono incarcerati e mandati al confino alle Tremiti (i confinati alle Tremiti nel periodo fascista furono in tutto circa 320) in due casermoni nell'isola di San Domino. E proprio l'isola farà da collante tra questi 45 omosessuali catanesi che formeranno un'identità, una coscienza di gruppo. Tornati a Catania alla fine della guerra, cercheranno di dimenticare o almeno di convivere con i dolorosi ricordi della prigionia, con la consapevolezza, acquisita con la forza della repressione, di essere dei "diversi", quando invece diversi non sono.


Attraverso un'intensa, faticosa e meticolosa ricerca storica, oltre alla descrizione del ventennio fascista, questo libro apre a temi di storia sociale trascurati dalla storiografia del fascismo, offrendoci uno spaccato della nostra città a partire dagli anni Venti, raccontando ad esempio della sala da ballo per soli uomini, sita in piazza Sant'Antonio, dove si riunivano gli omosessuali catanesi. E accanto agli atti ufficiali e alla Storia - la macrostoria - gli autori danno spazio e voce ai testimoni diretti di quegli eventi - la microstoria - «perché volevamo che non fossero più solo i documenti a parlare delle persone, ma che le persone parlassero di sé stesse», hanno sottolineato più volte i due autori.


Un libro, dunque, interessante e appassionato che offre svariati spunti di riflessione ad ognuno di noi, facendoci scoprire verità nuove, mostrandoci una storia dimenticata, una storia raccontata non più solo dalle carte e dagli storici ma anche dagli uomini che quella storia l'hanno vissuta sulla propria pelle. Ed è proprio a quegli uomini, a quei 45 iarrusi, vittime della follia della repressione fascista, che il libro è dedicato.

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